Ferrante: "Oggi il Toro non è ancora strutturato per i primi due posti"
Abbiamo intervistato in esclusiva Marco Ferrante, attaccante che ha vestito la maglia del Torino dal 1996 al 2004, con una parentesi di qualche mese nel 2001 all’Inter. Attualmente è un procuratore sportivo. Se i giocatori capiscono cosa vuole da loro il mister il Toro si toglierà delle soddisfazioni. Attualmente la squadra granata non ha la forza dell’Atalanta e del Siena dell’anno scorso. Le incognite Bianchi, Ogbonna e Rubin non permettono di lavorare al meglio, perché l’allenatore non sa su quali calciatori può realmente contare. Ventura è maniacale sul lavoro però ottiene i risultati.
Come le sembra l’attuale rosa del Torino?
“Sono stati presi dei giocatori adatti al modulo di gioco del mister. Ventura applica una metodologia di gioco molto importante che parte da dietro con i difensori. I difensori, infatti, devono avere una buona tecnica di base e anche il portiere deve essere capace con i piedi per cercare di sfondare dal centrocampo in su. In più i due esterni di centrocampo praticamente in fase d’attacco diventano due punte aggiunte. E se i giocatori riescono a capire bene la sua metodologia di gioco, e per questo il ritiro diventa fondamentale, penso che il Toro quest’anno possa togliersi delle belle soddisfazioni”.
Si sentirebbe di dire ai tifosi che con questa squadra c’è la possibilità di raggiungere l’obiettivo che tutti vogliono?
“No, e spiego il perché. I tifosi sono stati delusi anno dopo anno e quindi non si può dire che questo sia l’anno buono. Ora basta chiacchiere è il momento di fare i fatti. Si è parlato tanto sui giornali, sia in maniera positiva sia negativa, e i risultati dicono che per il terzo anno il Toro è in B. Ventura, che io ho avuto, è un allenatore che insegna a giocare a calcio, ma soprattutto riesce a vincere e i giocatori in campo si divertono. Naturalmente deve avere giocatori di qualità e giusti per il suo tipo di gioco in tutti i reparti, perché se viene meno qualche reparto il discorso può cambiare. Secondo me oggi il Toro non è ancora strutturato per arrivare fra le prime due, e sottolineo oggi, domani me lo auguro. Anche perché in stand-bay ci sono sempre Bianchi, Ogbonna e Rubin. Rimangono o vanno via? Questo non è bellissimo, perché l’allenatore non sa su chi contare, in quanto oggi ci sono e domani potrebbero non esserci. A differenza di Antenucci, un giocatore importante, che rimarrà tutta la stagione e con lui l’allenatore può lavorare con tranquillità e serenità. Con i giocatori che sono sul piede di partenza non è il massimo della vita per un allenatore. E’ bene che Ventura sappia di avere un gruppo di giocatori che lo seguiranno fino alla morte, fino alla fine del campionato. Così non si hanno garanzie e la rosa è ancora in fase di allestimento. Va detto chiaramente che finora i giocatori presi sono buoni, ma oggi il Toro non ha la forza dell’Atalanta e del Siena dell’anno scorso”.
Lei che ha avuto Ventura come allenatore dica quali sono il miglior pregio e il peggior difetto del mister.
“Il suo miglior pregio è quello di far giocare bene la squadra, di insistere sulle giocate e ogni calciatore sa sempre quello che deve fare e nel calcio moderno questo è molto importante se si pensa che anche in serie A molti non sanno quali movimenti devono fare. Con Ventura se si riescono a memorizzare i meccanismi la squadra va in un certo modo, se ciò non avviene giocare diventa assai difficoltoso. Il peggior difetto, per essere buono diciamo che non ne ha o se ne ha me li tengo per me (ride, ndr)”.
Cosa non deve mai fare un calciatore con Ventura?
“Non deve mai giocare in modo diverso dal quello che richiede l’allenatore. Se il mister insiste in una giocata in campo bisogna eseguirla alla lettera, perché altrimenti nell’arco del campionato si rischia di avere delle difficoltà e di non giocare anche se si è un giocatore importante. Ventura è uno maniacale sul lavoro. Maniacale, ma in senso positivo perché ottiene i risultati”.