Ardito: “Mazzarri ha creato un clima positivo così tutti riescono a dare un po’ di più”

17.07.2019 16:31 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Dall'inviata a Bormio Elena Rossin
Andrea Ardito
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Andrea Ardito
© foto di Jacopo Duranti/TuttoLegaPro.com

Andrea Ardito che indossando la maglia granata dal 2005 al 2007 e contribuendo a centrare la promozione in A al termine della stagione 2005-2006 in questi giorni sta seguendo il Torino nel ritiro a Bormio. Ardito che attualmente è un allenatore ha parlato con i giornalisti che stanno seguendo la squadra granata. Ecco che cosa ha detto:

Che ricordi ha delle due stagioni al Torino?

“Ricordi bellissimi. Sono state due annate che a livello personale anche di prestazioni e per continuità sono state le migliori. A Siena avevo fatto molto bene poi una vota arrivato in serie A mi ero rotto il crociato e avevo avuto anche un atro infortunio e a Torino per fortuna è andato veramente tutto bene. Torino è una piazza bella, calda anche a livello mediatico, quindi, ho ricordi unici. Non ce n’è uno in particolare, ma tre che proprio mi sono rimasti dentro. La prima partita con l’Albinoleffe con Muzzi che era arrivato la mattina della partita e altri uno o due giorni prima, io arrivavo da due anni di infortuni grossi ed altri due o tre che hanno giocato titolari uguale, quindi, caldo, trentamila spettatori, la pressione, ma è stato bello. Abbiamo dimostrato chela tattica conta tanto, ma se ci si mette cuore, passione e testa e si è un gruppo forte che vuole ottenere qualche cosa  si riesce. Non va dimenticato che l’Albinoleffe in quegli anni era una squadra che stava facendo bene e due anni dopo fece la finale play off con lo stesso gruppo di giocatori. L’altro ricordo è Toro-Mantova, anche se non giocai perché mi ero stirato a Cesena ed  entrò Longo che fece gol e poi segnò anche nella finale a Mantova, comunque vidi la gara da bordo campo e mi ricordo i brividi ancora adesso. Ogni tot di mesi con mia moglie riparliamo di quella giornata e lei si ricorda di quando si arrivò allo stadio e c’era tutta la gente con le famiglie e le bandiere e la partita fu vinta non solo da chi era in campo, ma anche da tutti quelli che erano allo stadio, se non ci fosse stato quel pubblico non avremmo vinto con quel risultato. IL terzo ricordo è un Torino-Mantova, sempre di quella stagione, noi venivamo da due mesi e mezzo senza vincere una partita, mentre a dicembre eravamo primi o secondi, e, se non ricordo male, uscimmo dalla zona play off e incontrammo il Mantova e pio dovevamo andare a Cesena e quel due a zero con il Mantova aprì un cammino, salvò la panchina a De Biasi e nelle ultime dieci partite facemmo nove vittorie. Fu la partita della svolta”.

Dopo la sconfitta a Mantova quale fu la reazione del gruppo?

“Mi ricordo tutte le ore che sono passate dal fischio finale alla partita della domenica sera. La sera della sconfitta non abbiamo neppure dormito, siamo andati in un piano dell’albergo a parlare e a berci delle birre. Eravamo un gruppo eccezionale, spettacolare e, secondo me, quella sera si creò la forza per reagire e il sabato prima della finale a Borgaro fu l’altra svolta: non ricordo se 2000 o 2500 tifosi vennero negli spogliatoi a parlarci e ci chiesero solo di dare tutto ciò che avevamo e lo abbiamo dato. Furono tre giorni duri, ma non perdemmo mai la speranza e la convinzione di farcela nonostante il Mantova non avesse mai perso con due gol di scarto per tutto il campionato per cui non era semplice”.

Si sente ancora con quei suoi ex compagni?

“Sì, ci sentiamo, con alcuni di più e con altri di meno. La cosa bella è che quando ci rivediamo come qui a Bormio con Barile e con Venera anche se all’epoca era un giornalista, con il presidente e con Comi non sembra che siano passati 10-12 anni, ma molto molto meno tempo. C’era un’empatia particolare, bella che si riscontra anche a distanza di anni”.

Come ha trovato il presidente?

“Carico. Prima parlavo di empatia e anche con la tifoseria nella scorsa annata si è ricreato un po’ di rapporto che magari negli anni ha vissuto fasi alterne. Quella dello scorso campionato, per me, è stata la squadra più forte che ha costruito e alla fine i risultati hanno dato ragione”.

Come ha visto la preparazione e la squadra in vista della squalificazione all’Europa League?

“C’è un grandissimo clima tra i ragazzi che scherzano e ridono, ma nel momento dell’allenamento c’è serietà e concentrazione, come ci deve essere. E’ un po’ il proseguimento della scorsa stagione perché la squadra è la stessa dell’anno scorso e anche a livello di allenamenti non si deve fare chissà che per inserire altri. La cosa che mi ha colpito, non avevo mai visto prima allenamenti di Mazzarri, è la fiducia nello staff. Tante volte si vedono allenatori che fanno tutto loro, qualche anno fa vidi Spalletti all’Inter e i suoi collaboratori non erano quasi collaboratori, mentre Mazzarri al suo staff dà molto spazio e, secondo me, questo clima positivo che si è creato nella squadra è dovuto anche al mister che sta dando fiducia a tutti e questo crea un clima positivo e così tutti riescono a dare qualche cosa in più”.

Il calo che aveste da gennaio a marzo dipese dalla preparazione atletica che fu quasi inesistente  in quanto la squadra fu costruita in due settimane? Quest’anno che il Torino ha anticipato la preparazione per qualificarsi all’Europa League potrà avere qualche problema nel corso della stagione?

“Per la nostra annata non credo che il calo dipese dalla questione fisica perché tutti prima di arrivare al Toro eravamo in altre squadre e la preparazione l’avevamo fatta. Ci fu, invece, un cambiamento abbastanza importante durante il mercato invernale con l’arrivo di 8-9 giocatori nuovi che vennero subito inseriti e influirono sulle certezze che avevamo e poi non arrivarono i risultati e in una piazza come Torino fu un momento difficile per la pressione che si doveva gestire anche se la squadra era stata costruita per vincere, ma non era semplice. Anche il primo Napoli di De Laurentiis in seri e C non riuscì a vince il campionato il primo anno. Però quel periodo servi per ricreare un gruppo perché a gennaio erano arrivati tanti ragazzi nuovi e bisognava appunto ricreare il gruppo.
Per quel che riguarda la preparazione attuale e la possibilità di mantenere i ritmi alti per tutto il campionato non è semplice, mi ricordo che a Bologna da giocatore feci l'Intertoto, ma partimmo molto molto prima purtroppo per demo la finale e soprattutto mentalmente fu un po' pesante. L'Atalanta l'anno scorso ha dimostrato che si può fare, quindi, ho la curiosità da fuori di vedere come sarà quest'annata per quel che riguarda il mantenimento della forma fisica. Il Torino ha la possibilità di far bene e l'Atalanta ne è l'esempio perché uscita dai preliminari e poi in campionato ha avuto prestazioni importanti fino alla fine ed è anche arrivata in Champions League".

Nella partita di qualificazione all'Europa League gli avversari del Torino sono più avanti dal punto di vista atletico in questi casi c'è bisogno di gestire di più la partita, anzi le partite trattandosi di andata e ritorno?

"Nel calcio la strategia è semplice: bisogna cercare di vincere, non si entra in campo pensando di cercare di di riposare nei primi 45 minuti per poi dare qualche cosa di più nel secondo tempo. Bisogna anche vedere come stanno gli avversari, però, alla fine la forza e la qualità in campo devono venire fuori. L'importante è che il Torino riesca a fare la sua partita e a mettere in campo le sue qualità. Se riuscirà a fare questo la possibilità di passare il turno è molto alta".

Rispetto a quando lei giocava nel Torino la società è più solida questo ha aiutato a ottenere i risultati raggiunti?

"Una cosa che balza all'occhio subito è proprio questo e non solo a livello di staff, ma proprio a livello di organizzazione. Parlavo con Barile che mi ha detto che a livello numerico la società è cresciuta tantissimo. Per i consolidamenti ci vuole tempo e, secondo me, il presidente è stato bravo a non perdere fiducia ed entusiasmo nei momenti di difficoltà che ci sono stati. Questo è un fattore importante l'ho tastato con mano in questi giorni".

Anche il presidente Cairo è cambiato tanto?

"Il presidente è una persona molto intelligente e quando una persona è intelligente le esperienze insegnano, fanno crescere e migliorare. Lui è riuscito in questo e, secondo me, all'inizio non l'ha aiutato il fatto di arrivare nel calcio e vincere subito perché vincere subito fa sembrare tutto semplice e il calcio non è per niente semplice. Alla fine se si fanno le cose bene è facile riuscire, ma l'essere riuscito subito forse gli ha dato l'idea che fosse più semplice di quello che non era. Ha testato con mano dopo 3 anni retrocedere e poi non è stato semplice ritornare in Serie A, quindi queste esperienze sicuramente lo hanno fatto crescere e migliorare".

Da qualche anno fa l'allenatore e l'anno scorso lo ha fatto in Serie D in una prima squadra, quali sono le sue prospettive per il futuro?

"Già a fine carriera avevo voglia di iniziare ad allenare e mi fermavo negli ultimi anni a Como a fine allenamento con i compagni per cercare di parlare con loro e provare ad aiutarli a migliorare in alcuni atteggiamenti. Erano ragazzi della Primavera che arrivati in prima squadra in estate avevano dei difetti e dopo sei-sette mesi continuavano ad averli e questa cosa mi faceva impazzire.  Che avrei fatto l’allenatore era  una cosa che avevo già capito. Ho intrapreso questo percorso ho già fatto un po' di tutto: il collaboratore in una prima squadra, l'allenatore nel settore giovanile e nella stagione passata ho avuto la prima esperienza come allenatore di una prima squadra in Serie D. Sicuramente mi piace allenare ed è completamente diverso da fare il calciatore perché quando si finisce l'allenamento da calciatore si stacca anche mentalmente fino all'allenamento successivo, mentre un allenatore non stacca mai, però, è una cosa che mi piace e l'affronto con grande entusiasmo come ho sempre fatto in carriera".

Tanti dei suoi compagni nel Torino adesso fanno gli allenatori, è una coincidenza?

"E' vero tanti allenano oppure fanno i direttori sportivi come Taibi e Ferrarese. Quello era un gruppo, come dicevo, forte a 360°. Si trattava di uomini veri e c'erano tanti allenatore in campo".

Forse questo allora aiutò nei momenti difficili?

"E' stato fondamentale, I risultati non arrivano mai per caso e quel gruppo ha ottenuto i risultati perché c'erano tutte queste componenti all'interno. Gli allenatori contano, ma alla fine sono i giocatori che vanno in campo e che devono riuscire a trovare le soluzioni durante la partita è più gente durante la partita in quel contesto riusciva a superare i momenti di difficoltà in campo. Quando ci sono più giocatori in campo che risolvono le situazioni anche l'allenatore è facilitato".

Lei già da giocatore non staccava mai.

"Non potevo fare altro che così perché fisicamente sono quello che sono e tecnicamente non era un fenomeno, quindi, per arrivare il più in alto possibile dovevo fare così. Ho una passione smisurata per il calcio e vedo adesso da allenatore che non si stacca mai. Io quest'anno allenavo in Serie D, ma cercavo di essere il più professionale possibile, anche se lo staff era composto solo da me dal preparatore ed al preparatore dei portieri e comunque cercavamo di fare i video delle nostre partite, quelli degli avversari. Alle volte veramente ci si sveglia alle 5 e 30 della mattina altrimenti non si ha tempo per fare tutto e poi siamo una famiglia bisogna trovare un po' di tempo anche per lei. Non mi pesa niente non solo nel calcio, ma anche nella vita e questa è la cosa fondamentale.

Per la prossima stagione quali prospettive ha?

"Al momento sono fermo, al Seregno è arrivata una nuova proprietà ed ha cambiato tutto. Vediamo. La voglia di iniziare subito c'è sempre perché, come dicevo prima, non staccherei mai. Il fatto di essere venuto qui a Bormio a vedere il ritiro del Torino è dipeso dal fatto che avevo voglia di calcio e anche di unire l'utile al dilettevole. L'utile è vedere gli allenamenti diretti da Mazzarri, uno degli allenatori più bravi d'Italia e il dilettevole il riassaporare l'ambiente granata che dà delle sensazioni uniche in Italia. È sempre bello".

In sede di mercato il Torino può essere rinforzato?

"Ogni anno le società qualcosa fanno per cercare di migliorarsi, quindi, sicuramente anche il presidente, il direttore e il mister cercheranno di fare qualche cosa per per migliorare. Anche perché se, come tutti speriamo, i preliminari andranno bene sarà una stagione lunga e dura con un impegno importante in più, quello dell'Europa League, e di conseguenza a livello numerico qualche cosa dovranno farla".

Ci saranno anche tante trasferte lunghe e più partite.

"Sicuramente ci vuole una rosa più ampia".

Sarebbe disposto ad allenare una Primavera, una Berretti o gli Allievi Nazionali in un grande club?

"Ho iniziato ad allenare da 4 anni, non è poco e non è tanto, ed è un percorso nel quale voglio cercare sempre di migliorare. Mi piace allenare una prima squadra ed è quello che vorrò fare in futuro perché vivo di responsabilità e mi nutro di pressione, Infatti anche da calciatore cercavo sempre piazze calde, e allenare una prima squadra dà questa pressione e questo tipo di responsabilità, ma poter lavorare bene fondamentale e allenare una squadra in Serie D non vuol dire lavorare bene o meglio rispetto a lavorare in un settore giovanile importante. Mi venisse offerta l'opportunità di lavorare in un settore giovanile importante la prenderei sicuramente in considerazione".