Al Torino ormai la crisi è la costante della stagione
Quattro macroscopici dati indicano che il Torino nell’arco della stagione, a parte l’avvio spumeggiante, ha mantenuto un andamento che gli permette di non essere coinvolto nel discorso salvezza solo perché ci sono squadre che fanno peggio. Girone d’andata prima-settima giornata: 13 punti. Girone ritorno prima-settima giornata: 9 punti, quattro in meno. Tra le due gare con il Carpi: 19 punti in 20 giornate. Dalla partita con il Milan a quella con l’Empoli, che ha concluso la prima parte del campionato: 10 punti in 12 giornate. Nel complesso 33 gol fatti e altrettanti subiti, la differenza reti uguale a zero non è un indice proprio positivo perché tendenzialmente va verso il negativo. La squadra di Ventura ha il nono attacco e l’undicesima difesa del campionato ed è all’undicesimo posto.
Mancano dodici partite alla fine del campionato e il Torino potrebbe cambiare rotta tornando a marciare come a inizio stagione, ma se le premesse sono quelle sopra riportate appare ben dura che questo avvenga. I giocatori in campo spesso sbagliano anche i passaggi più semplici e quando si chiede loro perché dicono che gli manca la lucidità, come ha fatto Vives nel dopo partita con il Carpi. Sulle motivazioni fanno fatica a spiegarlo: “Forse è un po’ un fattore mentale – ha ammesso Vives - un calo fisiologico che ci può stare. Dobbiamo trovare tutti la serenità che avevamo all’inizio e che adesso, secondo me, non abbiamo. In questo periodo facciamo due tocchi per stoppare la palla, mentre prima la stoppavamo e la davamo subito via già sapendo a chi passarla”.
In tutta sincerità sembra che la confusione regni sovrana e Vives con i suoi trentacinque anni di situazioni difficili, calcisticamente parlando, ne ha vissute sicuramente eppure appare quasi smarrito quando ne parla. Ammettiamo che i panni sporchi non si lavino in pubblico durante le interviste post-partita, ma che si analizzino nel chiuso dello spogliatoio, però, il fatto stesso che l’allenatore e i giocatori non riescano a trovare delle soluzioni che permettano loro di inanellare una sequenza di partite con prestazioni sufficientemente convincenti ha quasi dell’incredibile. Diventa pressoché inevitabile pensare che qualche cosa si sia rotto nel marchingegno Torino e che sia quasi impossibile aggiustarlo ed è proprio questo che ha portato al famoso striscione “15-05-2016: l’avVentura è finita ... Grazie Mister. UG”. Forse il presidente Cairo continuando a ripetere che Ventura è e resterà l’allenatore del Torino, come da contratto prolungato il sedici novembre scorso, vuole che nelle restanti dodici partite la squadra non sbandi ancora di più. Se, invece, è convinto fino in fondo che continuare con Ventura sia la miglior cosa possibile, allora i tifosi del Toro possono solo augurarsi che si ripeta quanto accaduto alla Juventus, quando a inizio stagione la squadra aveva risultati molto sotto le aspettative e da più parti s’invocava la testa di Allegri e la società non l’ha mai messo in discussione, pur chiedendo fermamente che la squadra ritornasse ai livelli che le competevano e, infatti, con un filotto di quindici vittorie i bianconeri sono passati dal quattordicesimo posto al primo. Con le debite proporzioni il Torino ha dodici partite per risollevarsi, almeno un po’. E Cairo ha tutto il tempo per riflettere.