Al Torino manca la mentalità vincente e il mercato è sempre incompleto
Il Torino è sempre sul punto di decollare verso i piani medio-alti della classifica, ma puntualmente scivola, non tanto sulla classica buccia di banana bensì inciampando su se stesso. L’ha fatto anche domenica con la Fiorentina, quando doveva confermare che i segnali di ripresa visti con Frosinone e Sassuolo erano tali. Nessuno pretendeva che con la Viola i granata vincessero, però che avessero un atteggiamento che andasse oltre l’esecuzione di schemi mandati a memoria ed eseguiti automaticamente, quasi senza che i giocatori ne abbiano più la coscienza. E’ giusto in allenamento provare e riprovare le giocate, ma in campo quando ci sono i tre punti in palio deve esserci anche lo spirito d’iniziativa dei singoli che leggono la partita e adattano alla situazione il lavoro svolto in settimana coadiuvati dal resto dei compagni che li seguono agendo coralmente perché capaci di mettere in pratica varianti sul tema.
Allo spirito d’iniziativa, che non è anarchia in campo, ma dote intrinseca nel bagaglio di ogni calciatore professionista, va aggiunta la determinazione a conquistare punti per raggiungere l’obiettivo. E qui arriva il primo grande problema: gli obiettivi devono essere fissati e resi pubblici a inizio stagione. Si è forse mai vista una grande squadra che vive alla giornata per vedere dove può arrivare? Di solito questo è l’atteggiamento delle squadre che sanno di avere limiti tecnici e che navigano a vista, se tutto o quasi fila liscio non devono lottare per la salvezza, se qualche cosa si mette per traverso allora l’obiettivo è non retrocedere. Oppure è l’atteggiamento di chi è opportunista e non si sbilancia per non correre il rischio di dover rispondere del suo operato in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo o, in caso contrario, se ottiene quanto è lecito aspettarsi trasforma la normalità in successo strabiliante per assurgersi a supereroe. Il Torino merita di più.
Il secondo grande problema del Torino, di equivalente importanza del primo, è che in sede di calciomercato anche quando la squadra viene rinforzata non lo è fino in fondo. Esempio lampante quest’estate, sono arrivati giovani di prospettiva, è stato ceduto un solo giocatore importante, Darmian, ma non è stato preso il centrocampista di qualità capace d’imprimere la svolta: essere un punto di riferimento per i giovani aiutandoli a crescere ed essere il faro illuminante del gioco per l’intera squadra. Questa tipologia di giocatore mancava, continua a mancare e mancherà, anche se verrà preso un giocatore negli ultimi giorni di mercato, perché non sarà il centrocampista invocato da tempo, ma un uomo che con alterne vicende e con discontinuità tapperà alla bene-meglio la falla. Nulla di personale nei confronti dei nomi circolati finora, ma nessuno di loro è il calciatore risolutore dei problemi del Torino. Solo un miracolo potrebbe far arrivare in granata il centrocampista giusto perché nel mercato di riparazione di gennaio giocatori di quel calibro non vengono ceduti, chi li ha se li tiene ben stretti. Spendendo parecchi soldi, forse, lo si può trovare in estate, ma se la società non pone obiettivi ben precisi e dichiarati calciatori sufficientemente affermati e di qualità, che non debbano rilanciarsi per qualche motivo, non giungeranno mai perché preferiranno restare dove sono o andare altrove, dove è risaputo che si hanno le idee chiare e una comprovata mentalità vincente e non si vive alla giornata o sperando che tutto vada per il meglio.