La Stampa - Sereni: "Rifarei anche il gesto ai tifosi"

13.11.2008 11:02 di  Raffaella Bon   vedi letture

Come dice Urbano Cairo, il rinnovo del contratto di Matteo Sereni era nell'aria. Ma a un certo punto l'aria era diventata irrespirabile, perché un accordo proprio non si trovava. «Per fortuna ho una moglie-manager che è una grande donna, è il mio parafulmine, la mia motivatrice. Ogni calciatore dovrebbe averla» ha detto Sereni. Attimo di imbarazzo: «Intendo come manager, ovviamente». Si ride, ma questo non è un contratto ridicolo. Non stravolge la vita del trentatreenne Sereni, ma da un lato gli consente di vivere tranquillo fino al 2011, dall'altro migliora la sua situazione economica. Non come avrebbe voluto Cairo, né come aveva chiesto Matteo. Come sempre ci si incontra a metà strada. Così il portiere con le manone da supermassimo, passa subito da 550 mila euro all'anno, a 750-800. Con bonus legati alle prestazioni che offrirà quando tornerà in campo dopo la distorsione alla caviglia, probabilmente già domenica a Catania.

«Un incremento significativo» l'ha definito Cairo, mantenendo il riserbo sulle cifre e aggiungendo: «Mai dubitato che non si arrivasse a un accordo». Sereni condivide: «Non è stata una battaglia, anche se a un certo punto mi sono fatto prendere dallo sconforto». Infatti la rottura è stata vicina. Così dopo mesi di trattative portate avanti da donna Silvia con il piglio di chi sa il fatto suo, e il rischio di arrivare ai ferri corti, si scopre che è bastata una cena milanese di qualche giorno fa al ristorante Torre di Pisa, per chiudere il discorso. Sereni, Cairo e la signora Sereni. Il triangolo tutti e tre l'avevano considerato da tempo, ma «non si trovava il momento giusto. Il primo incontro è stato già decisivo» ha chiarito Cairo. Prosciutto crudo al coltello, fagottini di carne e carciofi per il giocatore. Cairo, che non deve mantenere la linea, ha addentato lo spaghetto alla Alberto Sordi. Il tutto accompagnato da un Tignanello, da non confondere con il cartonato Tavernello. Perché al presidente piace il vino di classe. Poi l'abbraccio finale.

Fuori i fazzoletti: Sereni ha il Toro nel cuore e ora si sente appagato: «E' la società che ha creduto in me l'anno scorso e ora sono contento. Mi sbilancio, resterò granata a vita. Ora mi sento rinato». Musica per le orecchie del presidente e se ne faranno una ragione anche quei curvaioli che contestarono Sereni durante la partita con il Cagliari per un paio di rinvii mal fatti e che in risposta ricevettero il dito medio alzato. Un gesto di cui il portiere non è affatto pentito: «Sono contento di averlo fatto e lo rifarei. Ho ricevuto insulti irripetibili rivolti a tutta la mia famiglia da gente che si dice tifosa del Toro».

Così adesso, con la mente più sgombra e la caviglia rimessa a nuovo, proverà a essere come prima e più di prima quel giocatore decisivo, che ha vissuto con un senso di impotenza la lunga crisi: «Mi facevano un tiro ed era gol. Uscivo dal campo sconfitto e senza aver fatto una parata. Per fortuna dopo aver toccato il fondo ci siamo risollevati subito, nonostante alcune decisioni arbitrali che ci hanno danneggiato. In mia assenza è stato bravo Calderoni».

L'allusione al problema arbitrale ha spostato l'attenzione su altri argomenti di scottante attualità. Ieri Pietro Lo Monaco, ad del Catania, ha soffiato sulla cenere di una polemica in estinzione. «Chiedere compensazione agli arbitri è un fatto da Calciopoli». Cairo non si è sentito tirato in ballo: «Non ho mai chiesto compensazioni, ho soltanto esternato un disagio dopo oltre nove mesi di silenzio. Lo Monaco ha detto che non ci si deve lamentare e condivido e so che non alludeva a me. Ho partecipato al Consiglio di Lega e molti colleghi presidenti stanno pensando ormai seriamente alla moviola in campo o al doppio assistente. Basterebbe fissare un paio di interruzioni per squadra da gestire durante i novanta minuti».