Il Torino e la serie A, un affare da 50 milioni
Se è vero che al peggio non c'è mai fine, la palma d'oro spetta di diritto al Torino. Sicuramente dopo la sconfitta casalinga di sabato contro una Salernitana già virtualmente retrocessa in Lega Pro. Nonostante la situazione disperata, i campani hanno giocato con orgoglio e deduzione mandando in totale confusione i padroni di casa già di loro poco fantasiosi. Se quello attuale non è il punto più basso di tutta la storia granata, benché questa è bene ricordarlo è pur sempre una nuova società, poco ci manca. Il progetto di Cairo è naufragato. Fallito. Eppure il ritorno in panchina di Stefano Colantuono aveva prodotto qualche timido segnale di ripresa. Tutto inutile, tutto come prima. A questo punto molti interrogativi si pongono all'orizzonte. Intanto la proprietà. Urbano ha più volte dichiarato di non voler cedere, forse perché all'orizzonte non si intravedono compratori. Anche se stanco di ricevere sempre offese e attacchi, qualche mese fa minacciò di portare i libri contabili in Tribunale e consegnare la squadra al primo cittadino. Come dire "o con me o si muore". Di sicuro però c'è che il Toro può rappresentare un buon affare. Per 4 buone ragioni. Intanto la tifoseria. Il bacino di utenza del popolo granata è molto vasto in tutta la Penisola, è si attesta tra il sesto e settimo posto. Ciò vuol dire che con i nuovi parametri della Lega, qualora il Toro dovesse essere in serie A la stagione prossima, non faticherebbe a incassare qualcosa come 50 milioni di euro la maggior parte dai ricavi tv. Le emittenti infatti tendono a premiare le squadre blasonate e dal passato glorioso, ed in questo il Torino è secondo a pochi. Basti vedere la Fiorentina che non ha certamente lo stesso curriculum e lo stesso bacino di utenza eppure da tre anni investe grazie ai ricavi e da tre anni si qualifica per la Champions. Per questo motivo al Torino più che un proprietario del vapore serve un manager che sappia gestire introiti ed uscite mettendo gli uomini giusti al posto giusto.