Il ds ducale Faggiano guida il fronte della perplessità sul Decreto

28.04.2020 12:44 di  Claudio Colla   vedi letture
Il ds ducale Faggiano guida il fronte della perplessità sul Decreto
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Tra la tanta ironia, spesso anche facile e facilona, sulla questione semantica legata ai "congiunti", c'è stato anche il tempo, nel giorno e mezzo trascorso dall'ultimo discorso alla nazione pronunciato dal premier Conte, per ragionare sulla ripresa del calcio. Al netto dei populismi a supporto del chissenefrega di tanti soloni, evidentemente non soffermatisi a sufficienza per cogliere, nonostante l'apparente banalità del concetto, come lo stop del pallone non ricada soltanto sulle sorti dei Cristiano Ronaldo, degli Antonio Conte, dei Claudio Lotito.

Il quando, almeno per ciò che concerne gli allenamenti, è il famoso 4 maggio, data mai così tanto attesa anche da coloro che non siano particolarmente affezionati alle tinte granata. Sul come, però, permane una luce decisamente più controversa. Messa in evidenza, con una certa proprietà d'analisi, da Daniele Faggiano, direttore sportivo del Parma, in questo frangente capofila del "fronte delle perplessità". L'esempio utilizzato dal dirigente ducale è efficace e lampante: se Bruno Alves, anziché allenarsi a Collecchio, che resterebbe e resterà ancora chiuso, andrà a farlo nella Cittadella, in pieno centro, rischierà di generare assembramenti e movimento di cittadini, cosa che non accadrebbe - sottolinea Faggiano - se l'attività del giocatore e dei suoi compagni di squadra rimanesse circoscritta e luoghi e strutture utilizzate nel pieno controllo dello staff del club, con strumenti e misure di sicurezza appropriati.

Certo, sono più d'uno i calciatori a opporsi alla ripresa degli allenamenti. Legittimamente spaventati dalle possibilità di contagio, e dalla moltitudine di casi positivi già emersi appena prima del lockdown generale. Incluso chi, come Gonzalo Higuain e Thiago Silva, l'Europa, al momento, non vuole nemmeno vederla in cartolina. In fondo, anche i volti dell'Olimpo calcistico hanno compagne, mogli, figli, genitori, nonni. Tantissimo da preservare, altrettanto da perdere. E nulla può fare il movimento calcistico internazionale se non dotarsi di regole certe, chiare, coerenti, uniformi. Salvo soccombere sotto i colpi di un tracollo insieme finanziario e d'immagine, che, ove si riprendesse a giocare in assenza di piani ben strutturati ove si verificassero nuovi contagi (ipotesi pressoché inevitabile, in uno sport di contatto, considerate le caratteristiche del virus che ha messo in scacco l'umanità), suffragherebbe le tesi di chi vuole che il calcio affondi, forse senza mai più riemergere. E un'assunzione di responsabilità, definitiva e cristallina, da parte di tutti gli attori coinvolti.