DE BIASI: "Qui o altrove vincerò uno scudetto"
A Gianni De Biasi piace stupire. In perenne fuga dalla banalità, divenne famoso per un’iniziativa a dir poco fuori dagli schemi che scandiscono il mestiere di allenatore. L’anno scorso allenava il Levante, squadra della Liga spagnola in avanzato stato di crisi e smobilitazione. Lui era disoccupato, Cairo l’aveva esonerato nonostante avesse salvato la squadra dalla retrocessione. Perciò a ottobre 2007 accettò di guidare il club spagnolo. Di vittorie nessuna traccia. Così l’hombre di Sarmede, fedele al motto che la necessità aguzza l’ingegno, propose ai suoi sfiduciatissimi giocatori di fare loro la formazione che avrebbe affrontato l’Almeria. Undici nomi su foglietti anonimi. Raccolti i voti, Gdb tirò le somme. Forse non seguì alla lettera i suggerimenti dei suoi prodi, ma questo metodo di formazione democratica diede risultati insperati: 3-0 all’Almeria con tripletta dell’italianissimo Riganò.
Di certo non gli manca l’originalità. Sicuramente ha coraggio e idee interessanti. Al Toro fece una cosa simile, invitando i giocatori a indicare gli schemi preferiti. E’ altrettanto scontato che sia un allenatore ambizioso. Per ora i confini del mondo granata non gli vanno stretti, ma De Biasi vuole sempre il massimo. Lo pretende dai suoi giocatori e lo impone anche a se stesso. Richard Gere in «Pretty woman» voleva sempre avere in albergo il piano attico perché «era il meglio». Lui, per ora, continua a restare nella parte meno vip del condominio-campionato, ma non si è affatto rassegnato, tenterà la scalata. Al Toro o chissà dove, ma la tenterà. Non ci ha pensato due volte quando Cairo, lo stesso presidente che una volta lo cacciò dopo tre giornate di campionato, ha fatto squillare il suo telefonino nell’aprile scorso perché rimettesse in piedi una squadra raccogliendo le macerie lasciate da Novellino. «Non potevo non accettare» ha ammesso più volte con quell’entusiasmo contagioso che gli permette di andare sereno incontro alla vita.
Il suo sogno, che poi sarebbe quello di tutti coloro che hanno il Toro nel cuore, sarebbe di andare a graffiare il cielo con i granata. Ipotesi per ora lontana dal concretizzarsi, anche se quest’anno la squadra pare più robusta e logica delle ultime edizioni. Intanto gli basterebbe passare ai posteri come l’allenatore che ha aperto un ciclo, che ha lasciato ad altri le paure della retrocessione: «Vorrei fare bene già in questa stagione. Ma parlare subito di target troppo elevati non mi piace. Questo è un ambiente incline a esaltarsi e deprimersi a getto continuo, gli obiettivi da porsi devono essere reali, concreti, raggiungibili. Ci vogliono poche parole e poca fretta».
Parole che contrastano con la sua voglia di emergere. Pragmatico sì, ma anche voglioso di fare strada. Così dopo aver navigato a vista dall’inizio della carriera alla Vastese, adesso il signor Gdb gonfia i muscoli, contenuti a stento dalla maglietta tipo seconda pelle che la Kappa ha confezionato per la squadra. Il tecnico trevigiano ieri è uscito allo scoperto: «Il mio sogno è vincere un campionato. E lo vincerò, qui o altrove». E non scherzava, anche se ha sempre la battuta pronta. Una frase buttata lì in mezzo a discorsi che sono partiti da Sereni («firmerà a breve, non ci sono problemi e non capisco come mai gli neghino la Nazionale»), hanno virato su Bianchi («ha bisogno di altro tempo»), sono approdati alla Reggina. Senza dimenticare lo Special One. De Biasi vorrebbe dare a Mourinho una lezione (e non è l’unico a Torino, si è prenotato anche il «sessantenne» Ranieri) domenica 21 settembre quando l’Inter giocherà all’Olimpico torinese. «Prendevo già appunti quando allenavo il Carpi» ha detto una volta alludendo alla mania dell’interista. Vincere sarebbe una prima tappa per la sua valorizzazione di tecnico che morde il freno e che ha ammesso di pensare da sempre anche alla Nazionale.
Di ambizione non è mai morto nessuno. Perché negare al tecnico granata ciò che ogni allenatore si pone come traguardo quando inizia la carriera? De Biasi è dotato di una fortissima autostima, è preciso, determinato. E pensa sempre positivo. Il suo personale addetto stampa, entrato in servizio effettivo e permanente e soprattutto a libro paga da luglio, lo descrive come un entusiasta. Aggiungiamo uno che morde la vita dall’alba al tramonto. In apparente contrasto con la calma che vuole attorno al Toro, va di gran fretta. E a 56 anni c’è ancora spazio per i sogni. Gdb ne ha un cassetto pieno. Bisognerà capire chi possiede il passepartout per accedervi.