Bologna, 12 milioni spesi senza gol
I cinque milioni di Bernacci s'accomodano ormai puntualmente in tribuna, i sette di Osvaldo si stringono in panchina. Dove siede pure, ormai stabilmente, Marazzina, che se non altro quando va in campo può godersi il boato plaudente di un'Andrea Costa che non ha dimenticato i 23 centri del suo anno di grazia. Senza i quali, giova ripeterlo, non saremmo qui. Per il resto c'è poco da fare. Di Vaio, con la sua stagione da marziano, s'è mangiato tutta la concorrenza. Ed il resto l'ha fatto il modulo: acclarato, il Bologna migliore è quello a una punta. Chiuso dietro, coperto in mezzo, pronto, da provinciale, a giocare di rimessa. Se si salva, si salva questo.
Ne era invece stato pensato, in estate, un altro: con una torre che facesse sponde, aprisse varchi, sfruttasse i cross, sgomitasse in area. Ma Bernacci, di fatto, non s'è mai visto, e sui troppi equivoci di quel progetto è nato questo Bologna confuso e timido, con una rosa pletorica eppure, paradosso dei paradossi, rabberciata. Degli innesti di gennaio, dai quali sarebbe dovuta fiorire una squadra nuova, s'iniziò a parlare ad ottobre. Con l'acqua già alla gola.
Ma il prode Osvaldo, purtroppo, non è mai sbocciato e se Papadopulo gli preferisce Coelho, com'è successo per i 20’ finali col Genoa, significa che i tempi son proprio grami. Tanto più che, da navigato condottiero, il tecnico toscano ha già mostrato fiuto e sensibilità, dialogando col gruppo, dando fiducia a Castellini e Marazzina, piuttosto seccati pochi giorni prima per aver appreso in tv, dalla voce dell'ex presidente Cazzola, che fu lui stesso, più d'Arrigoni, a voler loro rinnovare il contratto. Il "Papa" ne ha percepito il comprensibile disagio e, schierandoli entrambi, anche se per pochi minuti, è riuscito a farli sentire importanti, coinvolgendoli in questa volata salvezza, preclusa per ora a Osvaldo, dopo la scialba ripresa di Palermo. Di valorizzare quel patrimonio così esoso non se l'è sentita. Le sue doti le conosce, ma sa che per affinare un talento grezzo serve tempo. E lui non ne ha. Visto poi l'ultimo Bologna, cambiarlo sarebbe troppo rischioso. Avanti con una punta sola, capito da tempo che questo Di Vaio ne vale due, o forse tre.
fonte repubblica