AMORUSO, Il mio Toro non crede ancora in se stesso

16.09.2008 10:18 di  Marina Beccuti   vedi letture
Fonte: Stampa.it
AMORUSO, Il mio Toro non crede ancora in se stesso
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di MARCO ANSALDO


Duemila biglietti bruciati in poche ore e la facile previsione di un Olimpico tutto esaurito per Toro-Inter di domenica. Il primo giorno di prevendita del big-match della terza giornata conferma la febbre per la sfida ai campioni d'Italia, al terzo posto in compagnia dei granata. Dei 27.500 posti, 13.431 verranno occupati dagli abbonati del Torino, mentre 1.500 saranno riservati ai tifosi interisti nel settore ospiti. I biglietti, in vendita su Internet (Listicket) e nelle ricevitorie abilitate, partono dai 25 euro della curva Primavera ai 190 della tribuna intitolata al Grande Torino. Questo pomeriggio, alla Sisport (ore 15), il Torino torna ad allenarsi ed in gruppo si rivedranno Natali ed Abate.

L’ultimo filo che lo legava al passato, Nicola Amoruso l’ha reciso ieri. «Mi sono fermato a Reggio Calabria per liberare la casa delle ultime cose che avevo qui e spedirle a Torino», racconta al telefono ed è come quando svuoti i cassetti della scrivania perché hai cambiato lavoro: soltanto allora ti convinci che un pezzo della tua vita è definitivamente alle spalle. Il gol alla Reggina, il centoquattresimo in serie A, è il primo con il Toro. Il sigillo d’inizio della nuova sfida. «E’ cominciata bene - ammette Amoruso -, due partite e 4 punti sono un bilancio accettabile però domenica ne abbiamo buttati via un paio».

Cosa è successo?
«Non abbiamo gestito bene il vantaggio: una squadra con la nostra esperienza poteva riuscirci meglio».

E’ una carenza di personalità?
«Non penso. Manca un po’ la fiducia nella nostra qualità: probabilmente è normale per una squadra che negli ultimi anni ha attraversato momenti travagliati ma dobbiamo credere in noi stessi».

Forse il Toro si è abituato ad accontentarsi: meglio prendere un punticino per la salvezza che correre qualche rischio.
«Non siamo una squadra di ragazzini, non esiste la possibilità che ci si accontenti. Siamo una buona squadra, probabilmente la migliore tra le dieci in cui ho giocato nella mia carriera, dopo la Juve perché lì si puntava allo scudetto e alla Champions League mentre noi saremmo pazzi a pensarci. Se giochiamo con la consapevolezza della nostra forza possiamo salvarci con tranquillità, altrimenti gettiamo via occasioni preziose».

Il buon inizio di campionato cambia le vostre ambizioni?
«L’obiettivo rimane salvarsi sapendo che c’è modo e modo per ottenerlo e l’entusiasmo giocherà un ruolo fondamentale. Faccio un esempio: con la Reggina, che partiva da meno 15 e tutti davano per spacciata, giocammo una grande stagione perché sapemmo caricarci strada facendo».

Fu l’anno dei 35 gol di Amoruso e Bianchi. E’ qualcosa che può ripetersi nel Toro? «Giocavamo molto in attacco, cosa avevamo da perdere? Costruivamo 7 o 8 palle gol a partita. Il Toro parte da un’altra situazione, è normale che cerchi di essere più equilibrato».

Bianchi è cambiato da allora?
«Ora gli manca un po’ il ritmo-partita ma anche così dà fastidio, lotta, crea spazio. I difensori gli si appiccicano in due. Chi lo giudica da fuori magari non se ne accorge, io sì».

E Rosina?
«E’ l’uomo che può permetterci un salto di qualità».

Anche se a saltare sono i nervi, come a Reggio?
«Non ho visto l’episodio però nello spogliatoio era già tutto finito. Segno che ha avuto un momento di stizza per la sostituzione e niente più».

E’ vero che lei ne è diventato il consigliere?
«C’è un buon rapporto, è un ragazzo intelligente. Quando uno ha l’affetto e la stima che lui riscuote nel Toro a tutti i livelli l’ultima cosa da pensare è che lo sostituiscano per partito preso: nessun allenatore rinuncia facilmente a uno come Rosina. Ma questo lui lo sa benissimo, infatti mi risulta che abbia già chiarito tutto».

Lazio e Atalanta in testa alla classifica, Toro con Inter, Juve e Napoli. Dov’è l’errore? «Nel fatto che purtroppo siamo alla seconda giornata e bisogna attendere le prossime 4 o 5 perché si definiscano i valori. Inoltre la novità del sorteggio fin dalle prime giornate ha complicato un po’ la partenza delle grandi: ad esempio c’è già stata Fiorentina-Juve».

Quindi nessuna sorpresa?
«Solo le difficoltà del Milan».

Ha visto l’Inter di Mourinho?
«No, me ne parlano come di una squadra molto muscolare, come l’anno scorso. Del resto le grandi squadre ormai devono essere muscolari con l’aggiunta della qualità tecnica che da sola non basta più».

Quindi domenica sarà una battaglia sulla forza?
«Sapendo che sarà possibile fare risultato, se ci crediamo. Io dico: andiamo in campo con la testa libera e vediamo cosa succede. Magari ti inventano la giocata e perdi perché la logica vorrebbe così ma sarà importante che il Toro ne esca con un’iniezione di fiducia nelle proprie capacità».

Cosa prova a vedere la Lazio davanti a tutte?
«E’ vero che stavo per finire lì ma non ho il minimo pentimento: gioco in un grande club e vivo con la mia famiglia in una città che è a mia misura. Torino è ancora più bella di quando la lasciai».

Com’è il rapporto di Amoruso con i tifosi?
«L’accoglienza è stata fredda. Adesso è diverso, l’ovazione quando sono uscito contro il Lecce è stato il premio più bello al mio lavoro: non sono venuto qui per rubare gli ultimi stipendi e la gente che mi segue tutti i giorni lo ha capito».