Caro signor Bianchi Le scrivo

Lettera aperta di Sabrina Gonzatto a Rolando Bianchi in merito all'episodio di lunedì. Sabrina Gonzatto è giornalista e scrittrice torinese, autrice del fortunato libro "Ma cos'era mai questo Toro?", dal quale è stata tratta l'omonima opera teatra
07.10.2009 23:58 di  Marina Beccuti   vedi letture
Caro signor Bianchi Le scrivo
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Caro signor Bianchi,

Premessa. E’ una mia riflessione, personalissima, sull’episodio di lunedì sera allo stadio Olimpico.


Martedì mattina leggendo i giornali, sono rimasta colpita da una fotografia che ritraeva Lei infuriato e dall’altra parte un tifoso di pari furia. Non mi permetto di entrare nel merito. Ciò su cui la invito a soffermarsi invece è l’espressione del ragazzino che in mezzo a voi assiste alla scena con un’espressione a metà tra la sorpresa e, forse, la paura. Con un braccio ferma il papà(?) quasi a volerlo difendere da Lei che, immagino, rappresenti per quel ragazzino e per tanti altri granata, l’idolo da venerare. Perché Lei, signor Bianchi, è molto amato, lo sa vero? Bene, cioè male. Il nervosismo accumulato può portare a gesti sconsiderati. Ognuno di noi potrebbe stilare una lista di gesti sconsiderati di cui è stato protagonista, io per prima. A bocce ferme poi ci si rende conto che forse non era il caso, che forse non ne valeva la pena, che forse vista la situazione sarebbe stato meglio evitare. Non so se abbia avuto modo di conoscere questa città e la sua gente, spero di sì. Tuttavia, desidero spiegarle come siamo noi Torinesi nati qui ma figli magari di gente del sud o del nord, poco importa. Torinesi e Torinisti aggiungo. Di Torino si dice sia una città di santi, quelli con la S maiuscola, scherzando – e mi permetto di farlo - dico che i tifosi del Toro un che di santità lo devono avere nel DNA per tutti i rospi che hanno dovuto ingoiare! Quest’anno la B poi! Ma è anche una città di eroi. Nello sport come nella vita di tutti i giorni. Voglio spendere due parole - ma non basterebbe tutto il vocabolario della lingua italiana per esprimere la mia rabbia, vede Bianchi che anch’io sono preda di questa brutta malattia - per ricordare Ercole Ferrero, il signore che, qualche giorno fa, per difendere la giovane autista del bus 75, ci ha rimesso la vita. Un gesto, il suo, che ci ha fatto sentire da un lato un po’ vigliacchi – quante volte siamo testimoni di soprusi e non reagiamo per paura di essere coinvolti personalmente – dall’altro ci ha fatto sentire orgogliosi. Molto orgogliosi. Il gesto del signor Ferrero deve servirci da esempio. Purtroppo però le conseguenze del gesto violento, gratuito ed immotivato del “ragazzo fuggitivo” hanno causato la rovina di due famiglie. Da un lato, la prima orfana di un marito e di un padre. E aggiungo cittadino esemplare, meglio ancora: Torinese esemplare. Dall’altro, la seconda con un figlio colpevole di avere contribuito alla morte di un signore di 76 anni che poteva avere l’età di suo nonno. Intorno ci siamo noi, signor Bianchi, noi che facciamo parte della società in cui viviamo. Non possiamo girarci dall’altra parte e far finta che non sia successo nulla. Il gesto del signor Ercole rappresenta molto bene la nostra gente, ne rappresenta la parte migliore. A maggior ragione, le persone che rivestono un ruolo pubblico - nello sport, nella politica, nello spettacolo, nella società insomma - hanno un compito in più, essere di esempio. Nelle cose piccole come in quelle grandi. A noi Torinesi e Granata piace molto vedere che i nostri “ragazzi” costituiscono “un esempio” positivo da imitare. Mi scusi signor Bianchi se mi sono permessa di scriverle direttamente ma questa città e in particolare questi tifosi hanno bisogno di potersi identificare – positivamente - anche nelle vostre azioni.

Con sincerità

Sabrina Gonzatto