Sandro Mazzola: “Piangevo guardando l’armadietto di papà”

25.03.2024 14:00 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: La Repubblica
Sandro Mazzola
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Sandro Mazzola

La bandiera interista Sandro Mazzola, figlio di Valentino,  viaggia tra i ricordi a 75 anni da Superga, dove scomparvero il Grande Torino e suo padre. In un’intervista rilasciata a La Repubblica ne ha palato, fra le altre cose della sua carriera agonistica, con il giornalista Maurizio Crosetti.

Sandro, cosa ricorda di quando a Superga morì il grande Valentino?
“Avevo sei anni e mezzo. La mamma mi portò dai nonni a Cassano d’Adda, per proteggermi. Abitavamo vicino al campetto sportivo, dove giocavo a pallone con gli altri bambini. C’erano queste persone che venivano ad accarezzarmi e mi parlavano in dialetto: ci misi un bel po’ di tempo a rendermi conto che mi stavano dicendo che il mio papà era morto”.

In una famosissima fotografia, il capitano del Grande Torino allaccia i calzettoni a un bimbo con la divisa granata: lei, Sandro.
“Ho l’originale di quella foto. Papà mi portava agli allenamenti, io restavo a palleggiare nello spogliatoio e guardavo i campioni. A volte, il portiere Bacigalupo mi faceva tirare un rigore: calciavo e lui si tuffava dalla parte opposta. Facevo gol e mi sentivo un giocatore vero. Il Grande Torino è stata la squadra più forte di tutti i tempi”.

Lei e suo fratello Ferruccio, che diventò anche lui un giocatore, parlavate mai di papà?
“No, perché Ferruccio era troppo piccolo per ricordarlo: il 4 maggio saranno 75 anni dalla tragedia. Però, ripenso a quando io e lui facevamo le partite con i tappi della Coca Cola, e appoggiavamo la maglia granata del papà vicino a noi”.

Lei era la mascotte granata.
“Prima dei derby contro la Juve entravo in campo per mano a mio padre, e il bianconero Depetrini faceva lo stesso col suo bambino. Noi piccoli ci guardavamo in cagnesco”.

È stato un peso essere il figlio di una leggenda?
“Sì. I tifosi dell’Inter all’inizio dicevano “quello non sarà mai come suo padre, se si chiamasse Brambilla e non Mazzola non sarebbe qui”. Io ne soffrivo. Tornavo a casa e non mangiavo, andavo direttamente a letto. Quando poi sono diventato davvero un giocatore, ogni volta che tornavo a Torino mi sentivo come intronato: guardavo la basilica sulla collina e mi tremavano le gambe. Mi rivedevo bambino. Quando lo storico magazziniere Zoso mi portò nello spogliatoio del Filadelfia per mostrarmi l’armadietto di papà, mi misi a piangere. Per me, Valentino Mazzola era il cimitero, i fiori e le lacrime di mia mamma”.

Erano in tanti a raccontarle di Valentino?
“Gianni Brera mi disse che era stato il più grande giocatore italiano della storia. Anche per Boniperti era così”.

Per molti anni, lei non ha voluto parlare di Valentino Mazzola: perché?
“Mi sembrava di non essere degno, in fondo che c’entravo? Un dolore grande che preferivo tenere per me. Poi s’invecchia e le cose cambiano”.

Il grande Meazza è stato un suo allenatore: cosa le diceva di Valentino?
“Più che ascoltarlo, io il Pepp mi incantavo nel guardarlo giocare. Era già vecchiotto, ma quando sbucava sul campo in maglietta e calzoncini era una festa. Passava la palla e la tirava ancora meravigliosamente”