Federsupporter, discriminazione territoriale, un giusto ripensamento della Figc

22.08.2014 11:18 di  Marina Beccuti   vedi letture
Fonte: Comunicato Stampa Federsupporter
Federsupporter, discriminazione territoriale, un giusto ripensamento della Figc
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© foto di Alessandro Mazza

Così come, reiteratamente,  evidenziato da Federsupporter tra l’agosto 2013 ed il febbraio 2014, il provvedimento assunto dalla FIGC nell’estate del 2013 , poi modificato nell’ottobre dello stesso anno, è stato “ cassato” nel corso della prima riunione del Consiglio federale del 18 agosto scorso che, così come risulta dal comunicato stampa della FIGC, ha modificato gli artt. 11 e 12 del Codice di Giustizia Sportiva.
Per comprendere la portata di tale intervento modificativo e, soprattutto, la lucidità e la correttezza delle considerazioni , giuridiche e di opportunità, avanzate nel tempo da Federsupporter sullo specifico  problema, l’Avv. Massimo Rossetti ha ripercorso, nell’allegato Documento, l’iter regolamentare di tale aberrante forma di discriminazione, così da permettere di valutare appieno il doveroso ripensamento della FIGC.
Ci auguriamo che analoghi atteggiamenti revisionisti, nel pieno rispetto di norme, regolamenti e dei diritti civili, possano essere assunti a breve.

Alfredo Parisi – Presidente Federsupporter

Per contatti: Marco Liguori, responsabile ufficio stampa


Discriminazione territoriale: non più illecito disciplinare ma mancata prevenzione di fatti violenti.

( Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale)

 

Nella sua prima riunione, tenutasi il 18 agosto scorso, dopo l’elezione del neo Presidente della FIGC, il Consiglio federale ha deciso di abrogare, quale illecito disciplinare , sanzionabile ai sensi dell’art. 11 ( Responsabilità per comportamenti discriminatori) del Codice di Giustizia Sportiva (CGS), ogni condotta che comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di origine territoriale.
La suddetta fattispecie è stata ricompresa nel successivo art. 12 ( Prevenzione di fatti violenti), secondo cui (comma 3) le società rispondono, tra l’altro, per cori, grida ed ogni altra manifestazione comunque oscena, oltraggiosa, minacciosa o incitante alla violenza.
Per la violazione di tale obbligo di prevenzione ( comma 6) si applica la sanzione dell’ammenda ( da 10.00 a 50.000 euro per le società di Serie A, da 6.000 a 50.000 euro per le società di Serie B, da 3.000 a 50.000 euro per le società di Lega Pro) e, nei casi più gravi, da valutare con particolare riguardo alla recidiva, si applicano, congiuntamente o disgiuntamente in considerazione delle concrete circostanze di fatto, anche le sanzioni dell’obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse, di disputare una o più gare con uno o più settori privi si spettatori, della squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato fino a due anni ( art. 18, comma 1, lettere d, e, f).
In base all’art. 13 ( Esimente e attenuanti per comportamento dei propri sostenitori), la società non risponde per i comportamenti dei propri sostenitori in violazione dei citati artt. 11 e 12, se ricorrono congiuntamente tre delle seguenti condizioni : a) la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo ; b) la società ha concretamente cooperato con le Forze dell’Ordine e le altre Autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori e per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni ; c) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione ; d) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti ; e) non v’è stata carenza o insufficiente prevenzione e vigilanza da parte della società.
Se la società prova la sussistenza di alcune delle predette circostanze in numero inferiore a tre, la propria responsabilità non è esclusa, ma viene, però, attenuata.
Così ricostruita la disciplina venutasi a determinare a seguito di quanto deciso dal Consiglio della FIGC del 18 agosto scorso, espongo quanto segue.

Allorchè, nell’estate 2013, la FIGC, dichiarando di voler recepire una disposizione UEFA obbligatoria ( obbligatorietà, poi, pubblicamente smentita in una intervista del 9 ottobre 2013 dal Presidente dell’UEFA, Platini), Ferdersupporter, con Note del 28 agosto, 9 ottobre, 11 ottobre, 18 ottobre 2013, 30 gennaio , 24 febbraio 2014 ( cfr. www.federsupporter.it), ripetutamente ed analiticamente criticò tale recepimento sotto diversi profili.
In primo luogo,  sotto il profilo, poi verificatosi, di una assoluta incertezza del diritto e disparità di trattamento cui avrebbe dato luogo l’applicazione in concreto della norma, essendo assai labile il discrimine, in specie se contestualizzato nell’ambito di una partita di calcio, tra un insulto o una offesa, pur becera ed ineducata, e le espressioni integranti un effettivo atteggiamento discriminatorio, soprattutto se riferito alla provenienza territoriale dell’offeso o degli offesi.
Tanto è vero che la Corte di Giustizia Federale, chiamata a pronunciarsi su diversi casi ad essa sottoposti, in un caso ( Decisione del 28 novembre 2013), aveva stabilito che una espressione, quale “ sannita di m…” era da considerarsi un mero insulto, becero ed ineducato, ma non discriminatorio, mentre in un altro caso ( Decisione del 14 febbraio 2014), aveva stabilito che fosse discriminatoria l’espressione “ Vesuvio lavali col fuoco”.
Per tentare di rimediare alla situazione, il Consiglio federale, il 16 ottobre 2013, modificava la norma, condizionando la punibilità della discriminazione territoriale alla “ dimensione e percezione reale del fenomeno espressione di discriminazione” e prevedendo la chiusura di settori degli stadi, nonché più gravi misure, solo in caso di reiterazione dell’illecito. 
 Tuttavia, neppure tale tentativo sortiva gli effetti sperati, anzi, se possibile, complicava ancor di più la situazione, poiché, alla difficoltà oggettiva di discernere, di volta in volta, tra un mero insulto od offesa ed un comportamento discriminatorio, aggiungeva l’ulteriore difficoltà oggettiva di stabilire se l’episodio era, oppure no, caratterizzato da “ odiosa ripetitività” e da “ effettiva incidenza di segno negativo sulle funzioni dell’evento sportivo” ( vedasi la Decisione della Corte di Giustizia Federale del 28 novembre 2013).
Al punto che la Corte, nella decisione richiamata in parentesi, specificava che “ Viene richiesto al Commissario di campo, e comunque agli organi federali preposti, un maggior grado di valutazione e approfondimento, in tema di attività discriminante, il quale deve contenere l’esatta indicazione della provenienza del coro o del luogo in cui è stato affisso lo striscione e l’analisi, acquisita anche ( se necessaria)  attraverso una propria attività istruttoria, della reale percezione e della dimensione ( ripetitività ed offensività idonea alla discriminazione e non mera volgarità) del fenomeno”.
Come si può, quindi constatare, una specie di “ mission impossible” e , lo ribadisco, una situazione gravida di pressoché totale incertezza del diritto e foriera di gravi ed inique disparità di trattamento.
Federsupporter, per parte sua, fattasi carico del problema, con Nota del 20 marzo 2014, allegata alla successiva Nota del 14 luglio scorso ( entrambe le Note sono consultabili sul sito www.federsupporter.it), con riferimento al nuovo Codice di Giustizia Sportiva del CONI, allora ( marzo 2014) in corso di elaborazione e, poi ( giugno 2014), approvato, propose, circa la discriminazione territoriale, allo stesso CONI di eliminare, con lex generalis, tale fattispecie dai Codici di giustizia federali, derubricandola ad una di quelle di cui all’art. 12 del CGS della FIGC,
Federsupporter sottolineava ed ha sottolineato che la deterrenza e la repressione della discriminazione territoriale, nei confronti dei tifosi, era già garantita dalle norme ordinarie, essendo previsto il Daspo per gli autori anche di tal genere di condotta.
Disposizioni, oggi, dopo l’entrata in vigore di un recente decreto legge, vieppiù rafforzate dall’introduzione di nuove, più restrittive e severe misure, quali l’arresto in flagranza differita ed il Daspo di gruppo anche per la condotta di cui sopra.
Aggiungasi che, proprio per favorire l’identificazione degli autori, la speciale Task Force costituita nell’ambito del Ministero dell’Interno, cui Federsupporter ha dato  un proprio, riconosciuto, apprezzato e significativo contributo di idee e di proposte, ha suggerito una più articolata segmentazione dei settori degli stadi e l’implementazione dell’installazione e del posizionamento di apparecchi di videoregistrazione a distanza.
Pertanto, la decisione adottata dal Consiglio federale il 18 agosto scorso non può che essere, da parte di Federsupporter, condivisa ed apprezzata, riportando nel sistema certezza del diritto e parità di trattamento, senza che ciò si traduca né in condizioni di impunità per le società, né per i tifosi, tenuto conto del principio che responsabilità e punibilità devono sempre rispondere a criteri di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza.
D’altronde, considerate l’esimente e le attenuanti di cui all’art. 12 del CGS, non v’è dubbio che la modifica introdotta debba spingere le società a mettersi nelle migliori condizioni per poter usufruire, all’occorrenza, di tali esimente ed attenuanti.
In particolare, le società dovranno dar prova di aver attuato modelli di organizzazione e di gestione, con impiego di risorse finanziarie ed umane adeguate, idonee a prevenire fenomeni violenti e/ o discriminatori.
Modelli, tra i quali, in primis, così come pure indicato dalla speciale Task Force costituita nell’ambito del Ministero dell’Interno, la costituzione di Dipartimenti per i rapporti con i tifosi ( Supporter Liaison Officer : SLO), peraltro, già obbligatoriamente previsti dalle norme UEFA.
Dipartimenti che, almeno finora, a quanto consta, invece, le società hanno trascurato, non attuandoli o attuandoli solo pro forma e sulla carta.
Condivisa e apprezzata,  come coerenza ed onestà intellettuale impongono, la modifica approvata dal Consiglio federale del 18 agosto scorso, resta immutata la posizione critica di Federsupporter circa le modalità ed i criteri con i quali si è pervenuti all’attuale governance della FIGC e circa il fatto che , progressivamente nel tempo, si sia sempre di più perduta l’esigenza di uno scrupoloso rispetto delle regole, in specie da parte di coloro i quali, ricoprendo cariche apicali nelle Istituzioni calcistiche, quelle regole sarebbero stati e sarebbero tenuti ad osservare ed a far osservare.
A questo proposito, non si può far passare per pura e semplice “frase infelice” una espressione quale “ mangiabanane”, viceversa suscettibile di essere rilevante, non solo sul piano della giustizia sportiva, bensì anche di quella ordinaria: e ciò sol perché a pronunciarla  è stato, non un qualsiasi tesserato o qualsiasi tifoso, bensì un Presidente di Lega, poi diventato, addirittura, Presidente federale, il che costituisce, casomai, una aggravante.
Né alcun rilievo, come esimente, le possono avere condotte ed opere di vita pregresse e scuse postume, vertendosi, non sul giudizio relativo alla persona, come tale, ma su un suo determinato e specifico comportamento.
Neppure è tollerabile che dell’odierno Consiglio federale facciano parte, in posizioni e con incarichi apicali e di grande responsabilità, persone ineleggibili o, se elette, che avrebbero dovuto essere e dovrebbero essere dichiarate decadute dalle cariche sportive ricoperte, avendo riportato condanne definitive, indipendentemente dalla pena comminata o da comminarsi, per delitti non colposi elencati nell’Allegato A al Codice di Comportamento Sportivo del CONI e nell’art. 22 bis delle NOIF della FIGC.
Persone  che avrebbero dovuto e dovrebbero, comunque, pur in presenza di condanne non definitive, essere state ed essere, quantomeno ( art. 23 NOIF), sospese in via cautelare da tali cariche e nei cui confronti la FIGC ha il diritto/dovere di chiedere ed ottenere il risarcimento dei danni ad essa cagionati per il reato di frode sportiva, sebbene dichiarato estinto per prescrizione.
Neppure, altresì, può trascurarsi che, così come evidenziato nelle Note dell’8 agosto scorso ( cfr. www. federsupporter.it), la FIGC avrebbe dovuto essere già commissariata dal CONI e lo dovrebbe essere tuttora, per grave violazione del diritto sportivo da parte degli Organi federali ( art. 23, comma 3, dello Statuto del CONI), avendo detti Organi violato da lungo tempo la norma (art. 26, comma 1, dello Statuto federale), secondo cui, nel Consiglio della FIGC, “ deve essere assicurata una equa rappresentanza di atlete”; violazione che costituisce una tipica condotta discriminatoria per motivi di genere.
Da questo punto di vista, nessuna rilevanza ha l’incarico assegnato dal Consiglio federale del 18 agosto scorso alla Signora Fiona May di “ coordinare una Commissione specifica che rafforzi l’impegno e l’iniziativa della Federazione su queste problematiche”.
Infatti, la Signora May non fa parte del Consiglio federale e, comunque, ammesso pure che ne facesse parte, la sua presenza non integrerebbe certamente il requisito di “ equa rappresentanza di atlete”,  richiesto dalla norma statutaria, risultando l’unica rappresentante di sesso femminile su un totale di numero 24 componenti di sesso maschile.
V’è da rimarcare , inoltre,  che la Signora May non è una atleta appartenente e proveniente alla e dalla FIGC.
L’incarico conferitole sembra, dunque, più un tentativo di mettere la classica “ pezza” all’immagine negativa data dal neo Presidente federale, allorchè pronunciò le ormai famose parole discriminatorie, piuttosto che un incarico caratterizzato da elementi di serietà e credibilità concrete.
Ci si augura che la Signora May non voglia prestarsi a “ giochetti” del genere e che, quindi, svolgerà con impegno e fermezza l’incarico conferitole, salvo dimettersi se ciò non le sarà reso possibile.

Avv. Massimo Rossetti