Torino: W Camolese...ma che tristezza!

27.03.2009 09:00 di  Raffaella Bon   vedi letture
Fonte: di Federico Freni per NESTI CHANNEL - carlonesti.it
Torino: W Camolese...ma che tristezza!
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Evviva il ritorno di Camolese. Evviva.
I ricordi di quello storico derby, di un campionato in serie A eccezionalmente dignitoso e della stagione predente, in serie B, iniziata con l'incubo di retrocedere addirittura in serie C e conclusa, invece, con la promozione nella massima serie con un filotto di vittorie consecutive impressionanti.

Il ritorno di Camola apre il cuore alla nostalgia, quella dei pochi momenti felici della storia recente torinese, ma schiude anche la speranza di poterli rivivere nei prossimi mesi, aggrappandosi all'uomo cresciuto in quel di San Mauro a pane, acqua e Filadelfia.

W Camolese, dicevamo…ma, scusate, che tristezza.
Un alone di malinconia, un velo di malcelata rassegnazione scorre nei pensieri di chi scrive.
Perché con Camolese si ritorna inevitabilmente al passato. Si riapre una porta che l'era Cairo aveva dichiarato essersi chiusa per sempre.

Da mesi, ormai, la gente, i tifosi e gli addetti ai lavori chiedevano a gran voce una qualche personalità storica all'interno della società di Via Arcivescovado. Una persona che fungesse da collante tra la dirigenza ed i giocatori, che costituisse un ponte tra il passato (l' era ante fallimento) ed il futuro (post fallimento – da Cairo in avanti).

La si anelava, la si auspicava – questa figura – affinché la nuova società, il nuovo Torino FC non dimenticasse, non tralasciasse mai i veri valori del Toro, quelli protrattesi dal 1906 ai giorni nostri.

Ma, ciononostante, l'idea di una New Age granata, finalmente separata, scissa dalla sfiga cosmica, dalle avversità di Palazzo e dall'usuale precariato economico, stimolava eccome la fantasia di molti appassionati.

Ricominciare da zero, senza macchia, privati dai carichi di debiti anche psicologici ed emozionali accumulati dalla vecchia società, facendo piazza pulita di tutto e tutti, buoni e cattivi, giovani e vecchie glorie, inserendo gente fresca, diversa, motivata e vogliosa a tutti i livelli della struttura societaria.

Emergere dal provincialismo degli ultimi anni, darsi un briciolo di contegno altezzoso, quasi snob, provando ad emulare lo stile milanese del Presidente, assai più vicino al Cavaliere che all'Avvocato, abbandonando ogni granello malinconico, un po' rustico e un po' naif, al fine di aprirsi al mondo luccicante e ottimistico del "pontefice" di Masio.

Ecco, questa immagine, più moderna e mediaticamente vincente, si è affacciata sovente nella rappresentazione che il popolo granata dava al nuovo Torino. Ed è stata perseguita fin dall'inizio della sua avventura da Urbano Cairo.

Infatti, salvo qualche rara eccezione per uno-due ex giocatori, chiunque abbia bussato al mondo torinista ha dovuto esibire un passaporto candido, lindo, scevro da contatti o presenze con il Toro del Fallimento.

De Biasi, Zaccheroni, Novellino (ex Filadelfia, certo, ma di grande appeal nel circuito del calcio moderno nazionale) e tutti i vari direttori sportivi, Salvatori, Tosi, Antonelli, Lupo, Pederzoli, Foschi. Il New Deal cairota ha cercato in ogni modo di affrancarsi dalle stimmate dell'era Cimminelliana, dando l'impressione di aggrapparsi disperatamente alla ricerca di un vero cambiamento.

"Change? Yes I can" avrebbe voluto urlare Cairo ancora una volta da quel famoso balcone di Piazza Palazzo di Città.

Invece, nell'emergenza più totale, disperato, si è piegato alla necessità impellente, derogando anche l'ultimo dei suoi principi fondanti l'avventura del Torino FC.

Con Camolese, Cairo ha inesorabilmente effettuato un salto indietro nel tempo, affogando le residue incertezze dell' attuale stagione in un passato che non avrebbe mai voluto rivangare ai tifosi del Toro.

La nostra speranza, al di là di tutto, è che tale sofferta decisione possa comunque produrre un salto in avanti per la squadra granata. In classifica.