Rino Foschi e l'arte di vendere
ino Foschi finalmente sorride dopo settimane passate silenziosamente e nervosamente in trincea per realizzare la missione che gli ha dato Cairo: vendere e vendere bene. Lui c'è già riuscito e non siamo neanche a fine mercato. I 2,6 milioni per la metà di Abate al Milan e i 2,4 per la cessione di Natali alla Fiorentina sono stati gli antipasti di giugno che ora hanno lasciato spazio all'operazione Rosina (ceduto ai russi dello Zenit per 8 milioni di euro) e all'affare Barone (un indesiderato da 1,2 milioni netti a stagione regalato al Cagliari). I risparmi, tra ingaggi netti ed incassi, superano già i 16 milioni.
Ma come fa Rinone da Cesena a piazzare questi colpi in un mercato dove non ci sono soldi e la crisi morde ferocemente? «Sono fortunato ed anziano», risponde lui con l'immancabile sigaretta in bocca e il cellulare che continua a trillare. La battuta sempre pronta, perché l'origine romagnola non va tradita, così come il colpo d'occhio e la velocità nel tessere la giusta trama. «Io lavoro senza interruzioni e non faccio una vacanza da dodici anni - si libera Foschi - e quando sono stato fermo per quattro mesi lo scorso inverno perché non avevo una squadra, stavo malissimo ed ero come in depressione. Ho 63 anni, quattro by-pass e ho già passato due infarti, ma questa è la mia vita ed io vivo per il mercato: non mi vedo in pensione».
Il direttore sportivo granata è in pista da 29 anni: conosce tutto e tutti ed è proprio questo il primo segreto per non affondare nelle paludi del calciomercato e non trovarsi con giocatori indesiderati (vedi Poulsen alla Juve e almeno cinque giocatori all'Inter) o con uscite pari a zero a fronte di entrate clamorose (come al Napoli). «Qui nulla si improvvisa - conferma - e per vendere bene o cedere al miglior prezzo, ti devi documentare e non aspettare. Guardo tutto, mi informo e sto il più in possibile in silenzio: altri chiacchierano troppo, io no. Su Barone ho iniziato a lavorare il 29 luglio a Roma per i calendari e sapevo che il Cagliari non riusciva a prendere Bentivoglio. Su Rosina sapevo che allo Zenit era saltato un giocatore importante e così ho fatto dei sondaggi e preparato un dvd del capitano. L'ho dato a chi di dovere, non ho parlato con nessuno e poi ho agito da lepre. Correvo e correvo, ma gli altri cacciatori mi hanno quasi impallinato. Quasi, perché poi la trattativa l'ho chiusa alla cifra che avevo in testa io senza intromissioni».
Ieri alla Sisport i tifosi hanno accolto con un applauso Foschi e con un grazie collettivo per le ultime due operazioni. «I tifosi vivono di vittorie e classifiche - riflette Foschi - ma a nessuno interessa lo scudetto del bilancio. Io sono felice quando compro un buon giocatore, ma anche quando realizzo ottime cessioni. L'anno scorso ho venduto Zaccardo e Barzagli in Germania ed Amauri alla Juve: penso che Zamparini sia ancora felice adesso per quei 54 milioni incassati».
L'arte di vendere è una filosofia di vita per Foschi: la insegna anche ai giovani diesse al corso di Coverciano, ma nel tempo non ha cresciuto alcun erede («Siamo dei solitari») e ogni tanto gongola con gli amici per la sua carriera («Sono il diesse campione del mondo, a Berlino nove erano miei ragazzi»). «Il mio maestro è stato Pastorello padre - spiega Foschi - ed ho capito che bisogna cedere definitivamente e comprare in comproprietà». Lo strappo alla regola lo farà per Dzemaili col Palermo, in attesa di piazzare Amoruso al Parma. «Su Dzemaili la trattativa c'è - ha confermato Cairo a Sky - ma lo cederemo solo per cifre importanti, come è accaduto per Rosina». In perfetto stile Foschi.