Lettere alla redazione, era il caso di usare i lacrimogeni?
Gentile Direttore,
userò toni pacati per non togliere credibilità alla mia lettera prima ancora di cominciare. Ambientazione: portici angolo Piazza Castello-Via Pietro Micca, domenica pomeriggio verso le sei. Carnevale granata per la città, età e volti variegati, una volta tanto tutti uniti da qualcosa di granata addosso o come continuazione di braccia e mani, ombrelli allegramente ritmati sotto la pioggia torrenziale. Premessa: io ho quarant’anni, ed è la prima volta che partecipo ad un corteo, ho rispetto per le forze dell’ordine, e in qualunque disordine di piazza, di qualsivoglia tinta o ispirazione, la ragione la do sempre ai celerini. Che l’attacco allo Juventus Store che si trova l’isolato dietro sia stato un atto vandalico da condannare è chiaro come il sole. La legge del taglione porta sempre solo cocci, rancori, attese al varco. La mia domanda è un’altra, ed è la domanda che vorrebbero fare i circa 300 (come leggo dai giornali) che come me e mia moglie son dovuti scattare via di corsa perché i portici si son saturati di gas lacrimogeni. Topi di laboratorio che cercano via di fuga perché gli occhi cominciano a bruciare come fuoco, e guai a toccarli, perché il dolore si raddoppia. La mia domanda è quella che vorrebbero fare i bambini che piangono mentre i genitori li tirano via verso piazza Solferino, gli anziani col fazzoletto tamponato sulla bocca che si appoggiano ai muri o cercano zona franca nei bar o nei negozi. E la domanda è di una semplicità lapidaria: era proprio il caso? Ripeto: condanniamo senz'altro l’atto vandalico. Ma è davvero possibile che per disperdere un manipolo di esagitati tutta la polizia di ieri, volanti a tutti i crocicchi e schieramento antisommossa stile visita di Obama in Afghanistan, abbia avuto bisogno di seminare piazze e trivi di gas lacrimogeni? Doveva mostrare necessariamente i muscoli in maniera tanto fragorosa? Siam finiti in piazza Solferino, ma da lì ognuno ha preso la strada di casa senza più aspettare il pullman, con la bandiera tra le gambe. A me può anche scivolare via, un riso amaro che non cambia, semmai rafforza, la mia disincantata visione delle cose. E di sicuro mai avrei pensato in vita mia che sarei stato sfollato a forza di lacrimogeni, ma tant'è. A me basta che qualcuno, legittimato a farlo, mi dica: sì, era il caso. Non mi serve altro, penso di averlo fatto con garbo, e chiedo a lei, che ha sia l’affezione all’argomento, sia l’autorevolezza per farlo, di girare la domanda a chi può competere una risposta. Per quanto mi riguarda, da ieri canticchio quella canzone che dice “il macellaio mani di seta si è dato un nome da battaglia, tiene fasciato dentro il frigo nove mascelle antiguerriglia, ha un grembiule antiproiettile tra il Giornale e il gilè”.
Grazie dell’attenzione.
Claudio Vivalda
Quello che dispiace in tutto questo è non riuscire mai a gustarsi una sana festa che c'è sempre qualcuno pronto a rovinarla. Quello che però bisogna dire apertamente, senza ipocrisia, è che al Granata Store dei vandali hanno potuto agire "indisturbati" nonostante fosse stata fatta denuncia in Questura di tenerlo sotto controllo, perchè preda di possibili atti violenti, mentre per lo store juventino i controlli sono stati ben organizzati. Noi cittadini paghiamo tutti le tasse allo stesso modo, dunque non ci piace vedere differenze così evidenti a seconda del potere che può avere un'identità rispetto ad un'altra. La doppia festa juventina ha lasciato molti danni in centro che pagheremo tutti indistintamente, mentre ieri per i tifosi granata c'è stato più controllo. Due pesi e due misure? Sì, nonostante che a Torino ci sia più tifo per il Torino che per la Juve! M. B.