Senza Rosina un Toro più povero

11.06.2009 08:24 di  Marina Beccuti   vedi letture
Senza Rosina un Toro più povero
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© foto di Giacomo Morini

Flavio Bacile

Questi sono stati per me giorni di pura riflessione, la retrocessione, non lo nego, è stata un’autentica mazzata, e, per chi come me scrive per pura passione, per un amore persino innaturale per questi colori, trovare un argomento valido, che non sia il solito tram-tram estivo di chi arriva (forse) e di chi parte, è cosa assai difficile. Qualcosa, in casa Toro, incomincia a muoversi. Alcune strategie delineate il giorno dopo la retrocessione, cominciano a trovare la loro ragione d’essere, o almeno, il primo nodo da sciogliere, quello della guida tecnica cui affidare la squadra, sembra sul punto di essere districato, con buona pace di tutti noi.


I nomi, li conoscete tutti, e nella sostanza si sono ridotti a quattro, Giampaolo, Rossi, Colantuono, e Camolese, basterà aspettare al massimo sino a venerdì, per conoscere il nome del nuovo tecnico. Fronte partenze, in tanti lasceranno la casacca granata, chi per il raggiungimento naturale della fine del contratto, chi per questioni tecnico-tattiche, chi per non pesare ulteriormente sul bilancio, chi per arricchire la cassa, anche perché le serie B, d’indotti televisivi ne garantisce veramente pochi. Tra questi, e dico purtroppo, anche Alessandro Rosina, così parrebbe, almeno leggendo tra le righe delle dichiarazioni del Presidente Cairo, che pur non avendo affrontato direttamente la questione, non ha neanche mai smentito le voci che circolano in questi giorni.


C’è anche da dire, che le dichiarazioni del procuratore del giocatore, lasciano aperta qualsiasi soluzione, quindi alla fine si farà il bene del Torino FC e quello del giocatore. La sensazione è che alla fine, Rosina partirà, nonostante una mobilitazione spontanea da parte di una nutrita rappresentanza della tifoseria, che continua a vedere nel capitano, l’elemento imprescindibile per una pronta risalita nel massimo campionato. Da parte mia, per questo giocatore ho avuto sempre una particolare predilezione, suscitando il più delle volte le critiche di “colleghi” (permettetemelo) più altolocati, ma anche “giornalisticamente” parlando più capaci, ad maiora, che rivendicavano il loro personale diritto di giudizio, come io rivendico il mio, anche perché penso, forse a torto, che, ab assuettis non fit passio, che poi altro non è, che il mio modo di vivere.
Di Alessandro Rosina, ho sempre amato il suo modo di essere calciatore in campo, non solo quando cavalcava il campo quasi fosse una prateria, anzi, direi, principalmente nelle difficoltà, che certamente non sono mancate in quest’ultimo anno, ma, ho anche amato il suo essere uomo fuori dal rettangolo verde, senza fronzoli, senza atteggiamenti da prima donna, senza strilli di tromba, chiuso nella sua timidezza, scambiata erroneamente per sfrontatezza o per menefreghismo.
Non penso che oggi siano in discussione le capacità tecniche del fantasista di Cairo, almeno lo spero, anche se sono il primo ad ammettere che il suo campionato è stato veramente brutto, sicuramente inferiore a quanto lui stesso si aspettava, ma questo non può bastare per dare un giudizio definitivo sul valore del ragazzo, che resta in questi quattro anni il principale finalizzatore del Torino.


È anche vero che il calcio moderno non conosce più nessuna pausa, da perfetta industria post-moderna, non si può più fermare, ed il posto per i sentimenti è stato ormai sostituito da quello economico, che resta, concretamente, l’unico a guidare e muovere una realtà, che avrebbe bisogno di cambiamenti radicali, per tornare in una dimensione più umana, mentre oggi persino i tifosi ragionano in termini puramente economici, lasciando sogni e fantasie chiusi nel cassetto.
Quanto a Rosina, il suo addio, probabile, non certo, rende a mio avviso questo Toro più povero, e non solo tecnicamente, spegne la speranza di tanta gente, che aveva visto a torto o ragione, in questo ragazzo il primo raggio di luce della nuova gestione di Cairo, e lascia ampie zone di dubbio sulla bontà dell’operazione. Cairo deve sicuramente ringiovanire l’organico, diminuire i costi di gestione, sul quale pesa come un macigno il monte ingaggi, “liberarsi” di alcuni doppioni, sacrificare alcuni giocatori “sacrificabili”, ma anche costruire una squadra, buona per i prossimi quattro/cinque anni, tenere i giocatori che reputa fondamentali, costruire un organigramma societario stabile nel tempo.


Non sarà facile. Così come non è facile per me, pensare ad un Toro senza Rosina. Ius est ars boni at aequi, cioè, il diritto è l’arte di ciò che è buono ed equo. Cairo può esercitarlo, in un modo o nell’altro. Purchè sia questa per esclusivo bene del Torino Fc e dei suoi tifosi.