L'anno nero del Toro

03.01.2010 09:14 di  Marina Beccuti   vedi letture
L'anno nero del Toro
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© foto di Alessandro Pizzuti

Flavio Bacile

 

Chiuso l’anno più nero della gestione Cairo, con la retrocessione, il momento nerissimo in B, il calo vistoso della popolarità e del consenso, il Toro riparte per un 2010 che si spera almeno diverso dall’anno che lo ha preceduto. Al nuovo tecnico dei granata Mario Beretta spetta l’ingrato compito di salvare capra e cavoli, per il momento con quello che ha in mano, che si è dimostrato comunque insufficiente, e sperare come nelle favole nel principe azzurro, cioè il mercato, e in un futuro migliore.


A ben vedere gli ultimi “mercati” di riparazione, il tristemente noto “10 e lode” brucia ancora ma è solo la punta dell’iceberg, c’è pochissimo da stare allegri; infatti la tifoseria spera ma non si illude più di tanto, e legge perlopiù incuriosita le dichiarazioni del tecnico milanese. Beretta ci crede, ed il suo ottimismo non solo coinvolge, ma squarcia quel grigio cielo di Torino, tanto ti aspetti sempre la pioggia, lasciando passare quel raggio di luce che accende ancora la tifoseria. Non c’è dubbio alcuno che in questo momento il tecnico, poi non so se sia un bene o un male, sia per motivi vari e facilmente intuibili l’unico anello di congiunzione tra squadra e tifoseria.


Detto del momento nero di Cairo, colpevole o martire lo chiarirà il tempo, accertato che anche Foschi non vive dal punto di vista del consenso un momento splendido, e che Petrachi, salentino doc quindi uomo abituato a lottare, fino a questo momento ha scaldato pochi cuori, resta Beretta come primo e “unico” referente per gran parte della tifoseria. Il suo -“ il mercato si farà, non tanti acquisti, ma me li aspetto buoni”, oppure – “il presidente e Foschi sanno di cosa c’è bisogno, ne abbiamo parlato insieme”, e ancora - “prima arrivano meglio è”, sembra, almeno a parole, e mi perdoni per questo Beretta ma anche chi lo ha preceduto, diverso, profondamente diverso dalle vigilie pre-mercato precedenti.


Il Toro deve cambiare e non poco, questo è ormai assodato, negli uomini, nell’atteggiamento mentale, infatti non si può essere “depressi” perché la propria tifoseria contesta, nella voglia di stupire e di farsi amare, prima ancora di modulo e schemi di gioco.
Vero, anzi verissimo, il Toro ha bisogno della propria gente, quasi quanto i tifosi hanno bisogno del Toro, quello vero, che vince o perde con il coltello sempre stretto tra i denti, pochi proclami molti fatti, perché la gente del Toro è questa, poche chiacchiere, lavoro sangue e sudore.


Tatticamente che poi sia 4.4.2, 3.5.2, 4,3,2,1, importa poco, si vince e si perde in undici, al Toro sempre in dodici, perché nella sconfitta i tifosi sono i primi partecipi, quelli che soffrono di più, quelli che si sobbarcano trasferte spesso impossibili, quelli che non riesco a fare finta di nulla, quelli che dalla domenica a quella successiva pensano, mangiano e sognano in granata.
L’attualità dice che il Toro cerca esterni, offensivi o difensivi poco importa nel calcio moderno, ma non solo si lavora anche per irrobustire il centrocampo, comunque si cercano uomini capaci di ribaltare velocemente l’azione, trasformandola da difensiva ad offensiva, e viceversa, nel più breve tempo possibile, permettendo così a Bianchi ed al compagno di reparto di giocare un numero considerevole di palloni.


I nomi sono tanti com’è giusto che sia, anche perché questo mercato quasi bloccato a luglio può incredibilmente aprirsi a gennaio, con delle sorprese ora come ora impensabili. C’è da augurarsi che chiunque venga al Toro possa riportare quell’armonia e quell’equilibrio che da molto tempo manca in casa granata, tifoseria in primis, e regalarci quella promozione che chiuderebbe tanti cassetti aperti, molti dei quali vuoti e pieni di veleni. Detto che per me il Toro è la sua tifoseria.
Speriamo sia un 2010 tinto di granata.