E' sempre il solito Toro
Flavio Bacile
Due considerazioni prima di tutto.
Il Toro ha giocato contro il Sassuolo l’ennesima brutta partita di questa stagione.
Gli errori dell’arbitro hanno inciso in modo determinante nella sconfitta dei granata.
Detto questo, e sorvolando sulla cronaca di una partita che ha visto i granata capaci di non tirare in porta una volta che sia una, restano le considerazioni sulla contestazione a Cairo e su quanto può fare Beretta in più di Colantuono. La contestazione in Tribuna granata a Cairo è stata sicuramente dura, aspra ben oltre, per quanto mi riguarda, i meriti o i demeriti di Cairo in questo momento, comprensibile forse, ma non giustificabile a tutto tondo.
A luglio in tanti si sono sbagliati, il Toro era definito la corazzata del campionato, e bene non dimenticarlo. Contestare oggi Cairo dopo che a luglio, agosto, ma anche a settembre con la partenza sparata del Toro di Colantuono, si era pronti ad incensare lui, Foschi e lo stesso Cola, è un esercizio al quale mi sottraggo volentieri, pur rimanendo molto lontano dal poter essere definito un papaboy. Per essere più chiaro dico che Cairo non è esente da colpe, così come Foschi, come Colantuono, come i giocatori, come lo stesso Beretta che dopo la scialba partita di Lecce contro il Gallipoli, altro non ha fatto che riproporre il vecchio Toro di Colantuono con l’unica variante Gorobsov al posto di Belingheri.
Alla chiusura del mercato estivo dissi che la mancanza di esterni offensivi alla lunga sarebbe stata penalizzante, per un gruppo che ha tre attaccanti su quattro, Bianchi, Arma e Vantaggiato, più portati a chiudere l’azione che non a creare gioco e spazio per i compagni, in pratica, uomini d’area e non di manovra. Per inciso resto dello stesso avviso, nonostante il primo Toro di Colantuono sembrava dire il contrario, ai granata mancano due esterni capaci di ribaltare rapidamente la manovra da difensiva ad offensiva, di mettere al centro palloni su palloni, di tentare l’affondo in solitaria, di chiudere un triangolo con la prima punta.
Tornando a Cairo, l’unica cosa che può fare oggi è quella di lavorare per un Toro profondamente diverso, negli uomini, ma anche nella filosofia, stop a quello che qualcuno ha definito “usato sicuro”, largo alla linea verde di qualità, investimento sul gioco o sull’idea di gioco e non sull’estro del singolo. Insomma se Cairo vuole bene al Toro, come più volte ha ripetuto, questo è il momento giusto per dimostrare di non essere un presidente qualsiasi, uno chiamato a fare una cosa, ma uno che ha voglia di fare qualcosa per il Toro.
Errori sicuramente se ne sono fatti, lo dice più della classifica la pochezza dei granata in campo, e forse l’errore più grande è stato quello di non aver voluto dare un taglio definitivo con il passato. Sono partiti, è vero, tanti giocatori, alcuni per scelta economica, altri per scelta tecnica, altri ancora perché giunti alla fine del loro contratto, ma l’organico era spaventosamente esagerato è bene ricordarlo, e la linea di congiunzione con il passato resta presente e visibile. Sabato in campo, giusto per dovere di cronaca, otto undicesimi della squadra erano gli stessi delle ultime due stagioni, non proprio esaltanti dei granata, e per dirla tutta i migliori si sono accasati altrove. Quanto a Beretta e su quanto può incidere il suo lavoro su questo gruppo, rispetto a quello fatto da Colantuono, per come la vedo io, oggi come oggi poco.
È vero, ieri il Toro nel primo tempo è apparso diverso, più compatto, meno arruffone, più squadra nella sostanza, cercava il pressing ed ha tentato qualche volta il cambio di campo, ma questo solo per quanto riguarda difesa e centrocampo, per ciò che attiene invece all’attacco siamo alle solite, troppo solisti, ritmo basso, stessa lentezza già vista nel cercare il passaggio giusto o la giocata semplice.
Unica novità, se di novità positiva si tratta, Bianchi più al servizio della squadra e non viceversa. Di fatto, il Toro, tranne l’occasionissima capitata sui piedi di Colombo, e un colpo di testa “della disperazione” di Loria a fine match, altro non ha costruito, poco di più ha fatto il Sassuolo, gol in fuorigioco compreso. Il calcio nonostante tutto resta un gioco semplice, chi mette in condizione gli attaccanti di pungere alla fine vince l’incontro, il Toro ha Bianchi in primis, poi Vantaggiato, Di Michele ed Arma, metterli in condizione di fare male dovrebbe essere la prima priorità, anche a rischio di dover concedere qualcosa all’avversario.
Quanto al gruppo e al prossimo mercato di gennaio le speranze restano tante, l’obiettivo promozione può essere centrato, e non come ha detto ieri il presidente anche attraverso il playoff, ma direttamente. È una banalità lo so, dire che la squadra è stata costruita male, lo dicono i fatti, lo ha detto lo stesso Beretta al quale sono stati promessi rinforzi, altrimenti non li avrebbe chiesti né glieli promettevano, lo dice la classifica, lo dicono le brutte prestazioni degli ultimi mesi, lo dice la faccia del presidente, l’insoddisfazione della tifoseria. Bisognerà solo capire se si punterà sull’uomo, inteso come quel singolo capace di risolvere situazioni che appaiono ora non facilmente risolvibili, o sull’idea di gioco di squadra, con più innesti per dare una fisionomia e più alternative ad un gruppo che sembra poter giocare solo un tipo di calcio. Io sono sempre per il gioco, ma questa non è una novità.
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