Ventura: “Se la squadra ci crede i presupposti ci sono per andare lontano”

01.10.2014 18:03 di Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it
Ventura: “Se la squadra ci crede i presupposti ci sono per andare lontano”
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Il mister granata ammette che se il Torino dovesse battere il Copenhagen creerebbe presupposti importanti per il passaggio del turno, anche se poi ci saranno tante altre partite da disputare. Glik giocherà titolare e quasi certamente sarà affiancato da Jansson e anche da Gaston Silva, mentre Bovo non ha recuperato. In attacco ci sarà Amauri.

 

Che cosa significa per il gruppo la prima partita in casa nell’Europa League vera e propria?

“Credo che quando siamo partiti per i preliminari ci fosse voglia e curiosità, poi la prima gara dei preliminari in casa con lo stadio pieno è stata una partita non stimolante dal punto di vista tecnico perché avevamo vinto tre a zero in trasferta, ma ha dato un segnale fortissimo di quanta voglia e attesa c’era in città dopo tanti anni. Non penso fosse necessario, ma se lo fosse stato si può dire che è diventato un ulteriore stimolo, è vero che c’è il campionato, ma l’Europa League non è come qualcuno dice “quel che viene viene” bensì l’occasione per cercare di fare del nostro meglio. Noi non abbiamo un obiettivo finale, ma uno a trecentosessanta gradi: creare i presupposti per far si che ci possa essere anche un'altra Europa League alzando sempre di più l’asticella. Questo è il nostro primo approccio quindi andiamo a fare delle verifiche su noi stessi.
Domani c’è la partita con il Copenhagen che l’anno scorso in Champions League ha inciso in negativo nel senso che probabilmente alla Juventus è costata l’eliminazione affrontare questi danesi. Penso che se centreremo la partita il Copenhagen è alla nostra portata, ma è altrettanto evidente che non possiamo permetterci né sbavature né cali di tensione perché stiamo parlando di una squadra che è abituata a giocare le coppe. E’ una partita estremamente stimolante in quanto m’incuriosisce poiché dà la possibilità di fare ulteriori verifiche su ciò che è stato fatto fino ad oggi e soprattutto darà indicazioni su quello che c’è ancora da fare per diventare “piccoli protagonisti” all’interno di un campionato importante”.

 

Percepisce il fascino dell’Europa League?

“Io il fascino l’ho percepito quando abbiamo giocato in casa con il Brommapojkarna e lo stadio era pieno e obiettivamente non c’era ragione che lo fosse. In quell’occasione ho capito veramente che cosa significava per Torino, poi, come dicono i giocatori, quando si sente la musichetta dell’Europa League si è obbligati a fare una riflessione: se per vent’anni non si era riusciti a sentirla e adesso la si sente vuole dire che qualche cosa di positivo è stato fatto. Rimango sempre dell’idea che quello che è stato fatto nel passato, nel senso di ieri, l’altro ieri, cinque giorni fa, è ormai passato e bisogna parlare del futuro ovvero poter ascoltare con continuità questa musichetta e magari fra qualche anno ascoltarne anche qualche altra, nessuno ce lo vieta. Sappiamo che tutto questo avviene attraverso la crescita generalizzata e quando parlo di questo, lo dico per l’ennesima volta, non intendo solo dei calciatori, ma in generale di tutti. Io non ci sarò più, ma mi auguro di essere presente a festeggiare da tifoso quando ci sarà un’altra musichetta. Oggi come oggi sono i giocatori che si devono sentire orgogliosi di quello che hanno fatto, io sono partito con Darmian e Glik e sono ancora qui, giocavamo a Castellammare di Stabia sul sintetico e oggi magari il Copenhagen ci teme, non lo so se ci teme, ma direi che un po’ di strada è stata fatta e l’hanno fatta soprattutto i giocatori. Faccio l’esempio di Glik che domani potrebbe anche tirare il fiato, ma non posso togliergli l’ingresso in campo all’Olimpico nella prima partita ufficiale in Europa League in casa, perché lui c’era a Castellammare ed è giusto che ci sia anche domani sera”.

 

A Castellammare c’era anche Vives.

“Certo, stavo solo facendo un esempio e c’era anche Basha che adesso è ancora alle prese con il recupero dall’infortunio. Quando parlo di Castellammare intendo un mondo che per il Torino non esiste più, ma che è esistito e non possiamo dimenticarlo”.          

 

Battendo il Copenhagen il Torino sarebbe proiettato al primo posto del girone, al massimo in coabitazione con il Club Brugge se i belgi battessero i finlandesi. Questo è un ulteriore stimolo?

“Sotto l’aspetto del risultato sarà una partita abbastanza delicata, perché in caso di vittoria si creerebbe un presupposto abbastanza importante. Con tutto il rispetto, sulla carta ritengo il Copenhagen più forte dell’Hjk Helsinki ed è chiaro che se dovessimo centrare il risultato creeremmo presupposti importanti per passare il turno, anche se ci saranno ancora tante altre partite da disputare. Sicuramente sotto l’aspetto psicologico sarebbe un ulteriore passo avanti sul piano non solo della convinzione in quello che si fa, ma anche della possibilità che si ha di essere protagonisti in questo girone, quindi spero, come dicevo prima, che sia una partita dove ci sarà curiosità e voglia, sono i termini più reali per questa gara. Da una parte non può non esserci voglia in una competizione europea e dall’altra non può non esserci la curiosità di capire chi siamo diventati in questi due-tre mesi. E’ una verifica importante soprattutto per questo”.

 

La squadra in estate era stata pensata per giocare con il 3-5-2 poi per tanti motivi si è passati a una sola punta di ruolo. Il cambio del modulo è solo momentaneo oppure è una scelta definitiva?

“Abbiamo cambiato perché, secondo me, le caratteristiche delle squadre che abbiamo affrontato ci consigliavano di cambiare, non per il gusto di cambiare. La Fiorentina con il Genoa aveva creato nove palle gol e con noi realmente due, in realtà sono state tre, ma in una c’era stato un rimpallo quindi non fa testo. Il Cagliari ha fatto quattro gol a San Siro con l’Inter, mentre con noi obiettivamente aveva costruito poco. Quindi le variazioni in queste due partite erano state fatte perché aveva un senso, invece ci saranno altre partite in cui non avrà senso cambiare e ci saranno anche altre partite che ci indurranno o consiglieranno di variare ulteriormente. Credo che le “conoscenze” di questi giocatori sono decisamente aumentate rispetto al passato, oggi la stragrande maggioranza di loro legge le situazioni e discute di tattica non tanto con me, ma tra di loro e sa già in base a come si schiera la squadra avversaria se può essere determinante e dare un contributo o magari per caratteristiche personali può essere meno utilizzato. Sotto questo aspetto direi che c’è stata una crescita generalizzata. Partita per partita andremo ad analizzarla e decideremo, non sono cambiamenti fatti per come ci si alza alla mattina, ma in base allo schieramento e all’atteggiamento tattico delle squadre avversarie siamo in grado di effettuare qualche piccolo cambiamento”.      

 

Il Copenhagen di solito gioca con un 4-4-2 classico, domani sera il Torino avrà un assetto che già è stato utilizzato o ci saranno delle ulteriori modifiche?

“Dopo la rifinitura di oggi pomeriggio decideremo come schierarci domani”.                           

 

Bovo come sta? Visto che Peres non è nella lista Uefa e Darmian avrebbe bisogno di riposare ci saranno ulteriori variazioni sulla fascia destra?

“Spero che Bovo non abbia niente di grave, venerdì si era allenato regolarmente e poi si è svegliato la mattina dopo e aveva un piccolo fastidio e questo l’ha frenato un attimo. Mi auguro di poterlo recuperare già per la partita con il Napoli, sicuramente non sarà in campo domani. Questo non ci crea gravi problemi, ma chi avrebbe dovuto avere un turno di riposo non ne avrà la possibilità, Peres non può giocare e quindi non abbiamo tante altre alternative (come esterno destro o gioca Darmian o Maksimovic, ndr). Non dico che faremo di necessità virtù, ma ciò che è nelle nostre possibilità e quindi utilizzeremo i giocatori che abbiamo. C’è stato il tempo di recuperare perché un conto è giocare la domenica e il mercoledì, un altro la domenica e il giovedì, con un giorno in più credo che tutto sommato saremo in grado di fare la nostra figura”.

 

Masiello non è più stato convocato dopo la prima di campionato con l’Inter, ma il problema muscolare che aveva avuto risaliva alla settimana precedente, come sta?

“Non sta ancora bene, ma sta recuperando. Potremo dire che ha recuperato nel momento in cui sarà aggregato a tempo pieno alla squadra, fino a quando è in via di recupero magari capita un intoppo e i tempi si allungano”.

 

Dopo la sosta per la Nazionale potrà essere aggregato alla squadra?

“Spero di sì”.

 

Martinez a che punto è della fase d’apprendimento del gioco e degli schemi?

“Il problema di Martinez è quello di tutti i ragazzi giovani che arrivano da fuori: hanno un entusiasmo incredibile e lui lo ha tuttora e poi provano l’impatto con il campionato italiano che é completamente diverso da quello al quale erano abituati. Essendo giovani bisogna dargli il tempo di metabolizzare quello che noi facciamo in campo e soprattutto le difficoltà che s’incontrano. Ad esempio Sanchez Miño domenica ha rappresentato in pieno questo, è giovane pure lui e ha fatto alcune cose buone, ma altre erano assolutamente migliorabili. Ci è andata bene perché due disimpegni fatti con sufficienza possono essere puniti in serie A. I giovani devono capre che cosa possono fare e come e quando farlo. A Sanchez Miño bisogna dare tempo, secondo me è un giocatore che spero che in poco possa ritagliarsi uno spazio importante, ma è la stessa cosa che dicevo di Maksimovic quando non giocava e di tutti gli altri anche di chi non c’è più. Ha l’entusiasmo oltre che le qualità per arrivare quindi bisogna darli tempo, facendolo giocare poco alla volta in modo che possa ritagliarsi il suo spazio in maniera totale e definitiva”.

 

A Brugge si era parlato di aria nuova poiché in campo c’erano parecchi giovani nuovi, sarà così anche domani e come pensa di miscelare i nuovi con chi c’è da tempo e merita di essere in campo visto che ha contribuito a conquistare questa possibilità per il Torino?

“Il discorso è un po’ ampio. A Brugge c’è stato un forte innesto di giovani, oggi non si può più dire questo perché a parte Jansson, che sicuramente giocherà o se non lo farà domani toccherà a lui a Napoli domenica, solo Gaston Silva sta giocando meno, gli altri lo stanno facendo tutti. Questi giovani stanno lavorando per diventare delle realtà e speriamo che ci riescano”.

 

Quest’anno la parola chiave per lei può essere cambiamento? La squadra più che in passato ha la capacità di cambiare anche tatticamente?

“I cambiamenti si fanno quando ci sono le basi per poterli fare. Ci sono giocatori che arrivano e magari sono abituati a fare alcune cose e rimangono ancorati a quelle. Moretti, per fare un esempio, appena arrivato aveva giocato nel Valencia, nella Juventus, nella Fiorentina, nel Genoa e aveva una carriera importante alle spalle e quando abbiamo iniziato a fare delle cose ha detto che non le aveva mai fatte, ma che aveva l’entusiasmo di provarle e si è buttato a capofitto ed credo abbia avuto stimoli ulteriori e non si è seduto dicendo che lui era quello che era e che aveva giocato sapendo fare altro. Così facendo penso che abbia la possibilità di essere molto più protagonista e determinato in modo da determinare e produrre facendo crescere chi gli è vicino attraverso il suo entusiasmo oltre che le sue capacità. Tutto questo è possibile farlo se s’incontra la disponibilità e se ci sono delle basi. Credo che, ad esempio, ad Amauri, che è arrivato da poco ed ha un passato che gli ha permesso di fare la carriera che ha fatto, nessuno vieti la possibilità di migliorare. Se uno ha voglia (lo sottolinea con la voce, ndr) secondo me in assoluto si migliora. Il primo anno era difficile fare questi discorsi perché bisognava creare i presupposti per essere una squadra, il terzo anno tutto sommato abbiamo seminato in questo senso altrimenti non saremmo andati in Europa e oggi la stragrande maggioranza dei giocatori è in grado farci prendere la decisione di poter cambiare perché sa di che cosa parliamo. Cambiare senza sapere è inutile, sarebbe un suicidio. Tutto questo dovrebbe essere racchiuso sotto la parola crescita. I giovani sono cresciuti molto, ma lo sono anche i meno giovani ed è questo che ci ha permesso di essere dove siamo, poi il calcio è fatto di momenti e di episodi e se girano bene … Se, ad esempio, avessimo segnato in occasione dei due rigori che ci sono stati dati avremmo una classifica assolutamente importante e le stesse identiche partite, esclusa quella con la Sampdoria, ci porterebbero a fare considerazioni estremamente positive, ma dal momento che si sono sbagliati quei due rigori si sono avuti commenti meno positivi, ma questo va accettato, fa parte del calcio ed è normale che sia così. L’importante che né il positivo né il negativo vadano ad incidere sulla serenità del Torino e che ci permettano di accelerare il processo di crescita”.

 

Gli attaccanti in rosa sono cinque, quando rientrerà Barreto dall’infortunio il modulo con una sola punta di ruolo sarà confermato o con maggiore scelta di uomini si tornerà a giocare con due?

“La mia esperienza con Barreto è assolutamente positiva per quel che riguarda il passato, ma purtroppo le vicissitudini che gli sono capitate qui a Torino non mi hanno permesso di rivedere il giocatore che conoscevo, ma spero di ritrovarlo presto perché lo ritengo un giocatore superiore a quello che hanno potuto vedere i tifosi granata. Mi auguro di recuperarlo al più presto e una volta che questo sarà avvenuto sicuramente potrà essere utilizzato. Ricollegandomi a quanto detto prima non giocheremo sempre con una sola punta, alle volte ce ne saranno due e nessuno ci vieta in alcune partite di schierarne anche tre. Dobbiamo lavorare sotto questo aspetto così come dobbiamo cercare di recuperare Larrondo. E’ inutile fare finta di niente Larrondo all’Olimpico è in difficoltà perché si è creata una situazione particolare, se Larrondo è un giocatore del Torino ha gli stessi doveri e diritti di tutti gli altri calciatori, quindi dobbiamo metterlo nella condizione di dare un contributo importante e credo che se si creeranno queste condizioni e lui avrà un pizzico di serenità ci potrà dare una mano importante. Non si può pensare di disputare un campionato, l’Europa League e fra due mesi la Coppa Italia dicendo che un giocatore o un altro non lo si può più schierare, altrimenti alla fine la formazione sarà: Venera (l’addetto stampa, ndr), Barile (il responsabile del marketing, ndr), Ventura, … ho fiducia in queste persone, ma non è possibile farle giocare”.

 

Pensa mai che il Torino potrebbe vincere l’Europa League?

“Io mi drogo tutte le mattine (dice scherzando, ndr), infatti, sono qui sotto l’effetto degli allucinogeni e dico che se affermassi una cosa del genere passerei sicuramente per presuntuoso, quindi non me lo posso permettere. Ma se dico una battuta: questa squadra che, secono me, ha dato ancora poco rispetto a quelle che sono le potenzialità comincia a capire, credere, volere con tutte le proprie forze di volersi sentire e diventare protagonista allora ci sono i presupposti. Quando dicevo a Darmian che sarebbe andato al Mondiale non ci credeva neppure lui, ma lui ha giocato al Mondiale. Il problema non è se è fattibile oppure no, ma se lo si vuole oppure no e se ci si crede o no, perché, ripeto, i presupporti per poter fare qualche cosa d’importante ci sono, però, come dico sempre, (si rivolge ad Amauri seduto al suo fianco, ndr) il sessanta per cento di Amauri non è sufficiente per essere protagonisti, ma il suo cento per cento può fare la differenza. Il cento per cento di ogni singolo giocatore può fare la differenza, il cinquanta per cento non fa la differenza in serie A e neanche in Europa League. Siamo di fronte a una scelta: se siamo in grado di essere siamo, ma se si pensa di essere non si sarà mai, tutto qui”.