Lo stadio Grande Torino-Olimpico non è adatto al calcio, perché mai Cairo dovrebbe comprarlo?

Sull’impianto gravano ipoteche per 38 milioni di euro, all’interno e all’esterno gli spazi non sono funzionali e l’attuale capienza non è in linea con le ambizioni europee del club.
06.04.2017 11:08 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Lo stadio Grande Torino-Olimpico non è adatto al calcio, perché mai Cairo dovrebbe comprarlo?
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Il Comune di Torino che ha sul groppone lo stadio dove gioca la squadra granata e che recentemente è stato intitolato al Grande Torino ha cercato in passato e continua a tentare tuttora di convincere il presidente Cairo a comprare l’impianto facendo leva sul fatto che per una società di calcio avere uno stadio di proprietà è diventato indispensabile. Che il Comune abbia tutto l’interesse a sgravarsi di costi che pesano sui suoi bilanci e che non vengono interamente coperti dal canone d’affitto è comprensibile ed eticamente giusto, ma è altrettanto comprensibile che un presidente di una squadra di calcio non voglia spendere soldi per un impianto che è assolutamente inadatto al calcio sia come struttura interna sia come spazi esterni e per di più è gravato da 38 milioni di euro di ipoteche.

Per dirla tutta le ipoteche sono forse il problema minore in quanto basterebbe scalare la cifra da quella per l’acquisto dello stadio e la soluzione sarebbe trovata. Altro problema, non secondario, è che attualmente l’impianto è agibile per poco più di 28 mila posti, per l’esattezza 28140, e per quanto la capienza possa essere aumentata, con le norme  di sicurezza in vigore e per il fatto che si trova all’interno della città in una zona ad alta densità demografica, più di tanto non può essere ampliata. Questo è in netto contrasto con la voglia di alzare l’asticella delle ambizioni del club che sa benissimo che portando stabilmente la squadra a giocare le competizioni internazionali avrebbe un afflusso di tifosi ben superiore all’attuale, potendo contare su un bacino d’utenza di un milione di supporter. Un Toro in Europa e protagonista in campionato non farebbe fatica a riempire lo stadio con più di 30 mila tifosi e a questi andrebbero sommati i sostenitori della squadra avversaria e arrivare a 40 mila biglietti venduti, tra abbonati e chi compra il tagliando per la singola partita, non sarebbe una previsione eccessiva.        

I vari sindaci che si sono susseguiti in questi ultimi anni, prima Champarino, poi Fassino e adesso Appendino, hanno tutti proposto al presidente Cairo di comprare lo stadio e non solo di affittarlo con contratti pluriennali rinnovabili di volta in volta alla scadenza. Senza prendere le parti del presidente granata non si può dargli torto se ha sempre detto no grazie. Gli spalti sono troppo distanti dal terreno di gioco, gli spazi interni non sono funzionali alle attività intrinseche e di corollario a una partita e l’esterno non ci sono parcheggi a sufficienza e men che meno, sempre per mancanza di spazi, si potrebbero costruire aree edilizio-commerciali e quant’altro per creare il business necessario a far fronte alle spese e a rendere l’area fruibile non solo durate le partite di calcio, come normalmente avviene per gli stadi moderni. Le gradinate sono troppo alte e non solo anziani e bambini fanno fatica a raggiungere il proprio posto, ma tutti rischiano di cadere e di rompersi l’osso del collo o la testa. Rovinose cadute con gravi conseguenze non si sono ancora verificate, però, questo non significa nulla perché il pericolo sussiste eccome. I posti per i diversamente abili non offrono una visuale ottimale. Non parliamo poi della tribuna stampa che non è dotata di monitor e rivedere in tempo reale i replay delle azioni salienti è impossibile o del fatto che i posti per i giornalisti siano delle dimensioni di un banchetto per bambini dei primi anni delle elementari. Gli spazi per le interviste post partita sono inidonei con un’illuminazione non consona e troppo rumorosi e cosa ben più grave gli addetti ai lavori devono ammassarsi gli uni sugli altri. La sala stampa è lontana, è collocata in un pano differente dal luogo, poco più di uno sgabuzzino, dove andare a scrivere. Le aree adibite alla ristorazione non sono funzionali neppure loro.  

Ristrutturare lo stadio Grande Torino sarebbe come buttare i soldi dalla finestra perché non diventerebbe mai un impianto adeguato al calcio moderno, l’errore era già stato fatto quando si rifece lo stadio per ospitare le cerimonie d’inaugurazione e di chiusura delle Olimpiadi invernali del 2006. Il Comune dovrebbe avere il coraggio di abbattere l’impianto, superando l’impasse dovuto ai vincoli della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici, era già successo quando si rase al suolo il Filadelfia, e rivendere l’area al migliore offerente, magari proponendo a Cairo un altro sito dove edificare lo stadio del Toro sfruttando così il potere economico e di forza persuasiva che ormai ha il presidente granata nei Palazzi della politica e della finanza per creare una joint venture che risolva il problema di questo impianto. Con un po’ di buona volontà ci guadagnerebbero proprio tutti: il Comune che incasserebbe soldi dalla vendita e dalla possibilità di rendere edificabile l’area, i cittadini che non dovrebbero più sopportarne i costi che eccedono dal canone d’affitto, i residenti del quartiere Santa Rita che non sarebbero più infastiditi tutte le volte che si disputa una partita o un evento di altro tipo, Cairo che potrebbe così arricchire il patrimonio del Torino Fc con uno stadio di proprietà, gli addetti ai lavori che avrebbero un luogo idoneo per svolgere la loro attività e non ultimi i tifosi granata e quelli ospiti che finalmente vedrebbero la loro squadra in un impianto idoneo.