La storia si ripete: Cairo spende ma il Torino non fa il salto di qualità

Cento milioni in quattro anni investiti, ma la squadra resta a metà classifica. Le critiche di Leo Junior al presidente granata in un’intervista rilasciata a Tuttosport.
09.02.2017 13:30 di Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
La storia si ripete: Cairo spende ma il Torino non fa il salto di qualità
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Da una parte c’è il presidente Cairo che appena ne ha l’occasione mette ben in chiaro che di soldi per il Torino ne ha spesi e non pochi ben 100 milioni in quattro anni, come nell’intervista che ha rilasciato ieri a Radio 24 nella trasmissione “Tutti convocati”, e dall’altra i tifosi, o almeno la maggior parte di essi, e una parte dei giornalisti, quelli che fanno i cani da guardia, sottolineano che le plusvalenze hanno reso le casse del club in attivo. Che è come dire: caro presidente spendi perché hai guadagnato e comunque non investi mai tutto quello che hai incassato per potenziare veramente la squadra. Gioco delle parti, no perché sono i risultati sportivi a dire che al Torino manca sempre qualche cosa per fare il famoso salto di qualità.

Nessuno nega che il Torino dalla serie B sia tornato nella massima divisione e che negli ultimi anni si sia assestato a metà classifica, con una transizione in Europa League, ma questo almeno ai tifosi non basta e non dovrebbe bastare neppure al presidente Cairo, che nel frattempo ha dimostrato, comprando La 7 prima e Rcs poi, che ha ambizioni molto elevate. Riesce molto difficile capire perché Cairo non si decida a imprimere una svolta definitiva al club che indubbiamente gli ha permesso di avere quella visibilità che è servita per aprirgli le porte giuste e arrivare a possedere una televisione nazionale e il gruppo editoriale più importante d’Italia, Corriere della Sera e Gazzetta dello sport i due quotidiani di punta.

Mai come in questo campionato la squadra granata si è portata vicina al salto di qualità, grazie anche all’arrivo di Mihajlovic e di questo va dato il merito a Cairo, poi però, come già successo in passato, ha pesato l’aver venduto giocatori forti e formato una rosa incompleta e per di più composta da alcuni giocatori sicuramente di qualità, ma da rilanciare e da altri troppo giovani per reggere il peso di un torneo che ha visto altre formazioni, Inter e Milan su tutte, far meglio delle ultime stagioni e riprendersi i primi posti della classifica. Cairo ha sempre giustificato l’andar via dei giocatori più forti dicendo che erano loro a chiedere di essere ceduti per andare in squadre più competitive e a guadagnare stipendi superiori. Non ha mentito il presidente, ma se avesse formato una rosa competitiva e il Torino disputasse l’Europa League, che garantisce maggiori ricavi, avrebbe potuto pagare stipendi più alti e, magari, qualche calciatore sarebbe rimasto. La storia si ripete e il Torino rimane impantanato e sale il malumore.

Non c’è poi da stupirsi se uno come Leo Junior, intervistato da Tuttosport (articolo nel quotidiano odierno a pagina 11 a firma di Marco Bonetto), dica: “Io compresi subito chi è Cairo tanti anni fa, quando lo incontrai. Andai a cena con lui e Comi. Voleva che facessi l’osservatore del Toro in Brasile per i suoi … occhi belli, per il colore dei suoi occhi … perché li aveva verdi o azzurri … (in verità li ha scuri, ndr). Ho capito subito che voleva guadagnare. Per questo non mi sorprende affatto se la squadra continua a galleggiare a metà classifica, o poco più su. E se i giocatori migliori vengono venduti dopo due o tre stagioni. E se non costruisce una grande struttura dirigenziale e un grande spogliatoio. Ma il Toro e i suoi tifosi meritano di più. L’Europa sarebbe la dimensione giusta per il Toro pure al giorno d’oggi, anche se i grandi club hanno ricavi non paragonabili con quelli delle altre società. Ma evidentemente a Cairo ve bene così. A Cairo basta così”.

A Cairo le parole di Junior e l’intervista pubblicata da Tuttosport hanno sicuramente dato molto fastidio, ma sono i risultati sportivi e il ripetersi negli anni di situazioni simili a far dire certe cose. In più occasioni il presidente del Torino ha detto che i ricavi dei gradi club sono talmente elevati che per le altre società è impossibile competere. Vero, ma i grandi ricavi sono frutto d’investimenti ingenti, non solo figli delle plusvalenze, per formare squadre competitive, di politiche di marketing vincenti, di una struttura societaria ben formata, di tanti osservatori sparsi per il mondo e adeguatamente pagati. Tutto questo porta a ottenere vittorie che a loro volta portano tanti soldi, dai diritti televisivi agli incassi ai botteghini passando per gli sponsor. Se Cairo non vuole sentire più sempre le stesse critiche, provi a cambiare un po’ strategia nel gestire il Torino e vedrà che gli arriveranno tanti applausi e consensi, non solo da chi sapendolo ormai potente lo riverisce speranzoso di far parte o di rimanere nella sua corte.