Ventura: “Oggi la squadra ha la mentalità del voler vincere”

14.04.2014 07:02 di Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it
Ventura: “Oggi la squadra ha la mentalità del voler vincere”
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

L’allenatore del Torino è soddisfatto per come la squadra ha voluto vincere nel finale dopo aver pareggiato al gol di Gilardino. Il mister si è soffermato a parlare di percorso di crescita e di programmazione e indirettamente ha iniziato, forse, a dare qualche indicazione sul mercato estivo.

 

Come commenta la vittoria con il Genoa raggiunta negli ultimi minuti ribaltando il risultato?

“La cosa che gratifica di più dei tre punti è per come sono venuti, nel senso che avevamo subito il gol di Gilardino dopo una sbavatura contro una squadra obiettivamente tonica che concedeva veramente poco. La reazione che ha avuto la mia squadra dopo essere andata in svantaggio è stata assolutamente veemente e appena pareggiato mancavano un minuto e mezzo o due e non c’è stato un giocatore che mi abbia detto “abbiamo pareggiato” ma tutti hanno detto “andiamo a vincere”. Questo significa che partendo da due anni e mezzo fa, quando obiettivamente c’erano un mare di difficoltà, oggi posso dire che la mentalità è finalmente quella di una squadra che vuole e che non spera più di fare risultato, ma che lo vuole fare e questo è un passo assolutamente importante per il futuro di questa società e di questa squadra. E’ chiaro che poi ci vogliono gol importanti e i due gol con il Genoa dal punto di vista dell’esecuzione sono stati molto belli e i giocatori che li hanno realizzati credevano che sarebbero riusciti a segnare. Cerci negli ultimi cinque minuti, a volte, si siede un po’ invece con il Genoa ha provato a tutti costi a segnare, ci ha provato persino Moretti, perché dentro tutti loro c’era un qualche cosa che è sicuramente frutto della disponibilità dei giocatori, ma anche del lavoro di questi due anni e mezzo. Io ricordo sempre che quando ho messo piede qui a Torino alla mia presentazione, e forse qualcuno di voi c’era, mi fu detto che non era importante tornare in serie A, ma che la cosa più importante era tornare a essere orgogliosi di tifare granata. Io credo che questi due gol, soprattutto per come sono venuti, per la rabbia con cui sono stati realizzati e la disponibilità e la mentalità abbiano reso orgoglioso il tifoso del Toro di questi giocatori, ma non perché si è vinto bensì perché hanno voluto vincere, è completamente diverso. Nel calcio alle volte si vince o si perde e questo fa parte del gioco, ma la mentalità è una cosa che permette di crescere, è stato messo, lo ripeto, un mattone importante per il futuro di questa società”.

 

Con il Genoa ha vissuto la partita come forse non mai le era capitato al Torino?

“La mia soddisfazione alla fine della partita era dovuta al fatto che dopo l’uno a uno avevo visto sulla faccia dei giocatori la voglia di vincere la partita e quindi eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, questa era la gioia e questa volta era spontanea”.

 

Cerci e Immobile non dovrebbero anche capire che insieme possono fare grandi cose e che sarebbe un peccato se il prossimo campionato le loro strade si separassero?

“L’ho già spiegato molte volte, il calcio oggi è fatto di crescita e di programmazione, queste erano parole usate spesso due anni e mezzo fa, però forse si predicava bene e si razzolava male. Crescita e programmazione significa che è andato via Ogbonna, che era un giocatore assolutamente straordinario per il Torino, e il Torino è sopravvissuto, nel senso che sta facendo un campionato migliore, basta pensare che si parla della partita di sabato prossimo con la Lazio come di una sfida per l’Europa e se questo fosse stato detto sei mesi fa non uno avrebbe pensato che sarebbe stato possibile. Questo per dire che il problema non è se va via uno di questi giocatori, ed è chiaro che per andare via ci deve essere un vantaggio sia per il giocatore sia per la società, ma non faccio il calciomercato, e come dicevo il vero problema è che se vanno via ci devono essere già i sostituti pronti per essere presi e soprattutto dei sostituti che abbiano un senso in un discorso di programmazione, altrimenti non si sopravvive. Non possiamo pensare che Glik giochi nel Torino fino a 36 anni, Cerci fino a 37 e Immobile fino a 40, non è questo il calcio. Il calcio è fatto di risultati sportivi e risultati economici che sono strettamente legati, ma senza i risultati economici non si va da nessuna parte. Quando si è venduto Ogbonna si sono presi dei giocatori e voi stessi (giornalisti, ndr) non eravate neppure convinti di Immobile, quindi se dovesse andare via uno di questi e prendessimo altri due “Immobile” è evidente che s’inizia a programmare anno dopo anno. La crescita, lo dico con grande umiltà, deve essere di tutto l’ambiente. La crescita dell’ambiente significa che si deve essere consapevoli che questa squadra sta dando il centouno per cento. Noi non abbiamo parlato di emergenza perché quando ne parlo puntualmente viene detto che è un alibi, ma mancavano Darmian, Pasquale che è il sostituto di Masiello, e quest’ultimo era appunto sostituito da Darmian e ne mancavano anche altri: Larrondo, Kurtic, Farnerud, un elenco interminabile. A volte si legge dalle altre parti che se manca un giocatore è un grande problema sostituirlo, ma a noi ne mancavano tanti, sei e non abbiamo detto una parola e siamo andati a realizzare questi due gol con la voglia di farli ed è di questo che bisogna essere orgogliosi. E allora ci può anche stare che un giocatore sbagli un passaggio e stiamo parlando di giocatori che a inizio anno moltissimi dicevano “dove si sarebbe potuti arrivare con questi qui” e oggi questi stessi giocatori hanno fatto un campionato decisamente sopra le righe, quindi se sbagliano un passaggio è molto difficile capire i fischi che ricevono. Faccio un esempio, El Kaddouri con il Bologna ha disputato una partita obiettivamente negativa e a furor di popolo doveva essere crocifisso e invece El Kaddouri ha giocato la volta successiva a Verona e ha fatto la differenza. E’ giovane e deve crescere, bisogna avere un po’ più di comprensione, perché quando si parla di crescita deve riguardare la società, la squadra e l’ambiente tutto intorno, non si può prescindere da una di queste componenti, la squadra non può essere staccata dal pubblico. Al termine della partita durante i collegamenti televisivi mi hanno fatto sentire l’urlo della Maratona dopo il gol di Cerci: è stato qualche cosa di assolutamente straordinario, l’ho goduto tramite la televisione, ma non in presa diretta. Ecco due anni fa sarebbe stata impensabile una cosa del genere, c’era molto scollamento nei vari settori, diciamo che cerchiamo di migliorare ulteriormente in modo tale che queste urla si possano sentire sempre di più”.

 

Parlando di crescita, Bellomo in serie B sta facendo bene, lo aspettate per il prossimo anno?

“Questo fa parte di un discorso di giocatori, per capirci Sansone era venuto qua con la possibilità di giocare nel Torino e ha preferito andare alla Sampdoria e in due anni ha accumulato quindici presenze. Quante partite avrebbe fatto Bellomo restando con le emergenze che abbiamo avuto e che tuttora abbiamo? Però certi scalpitano, bisogna avere la consapevolezza che solo attraverso il lavoro si può crescere. Maksimovic pensa di essere arrivato? Maksimovic non è arrivato, ha ancora molto da migliorare, se si metterà a lavorare allora probabilmente diventerà un giocatore da big, inteso come squadra che disputa la Champions League, ma adesso non lo è ancora. C’è chi ha l’umiltà, non mi riferisco a Bellomo sto parlando in generale, il vero problema è con quale spirito uno si approccia al lavoro, al voler crescere all’interno di un gruppo. Mi ricordo che lo scorso campionato per sei mesi mi si chiedeva di mandare in campo Bakic e poi quando ha giocato voi giornalisti mi avete detto come potevo farlo giocare? Bakic quest’anno è alla Fiorentina e ha disputato una partita che non contava niente, le chiacchiere se le porta via il vento, conta il lavoro, la serietà e la professionalità e poi la voglia di crescere, l’umiltà con la quale ci si mette in discussione per crescere”.

 

Parlando di programmazione e di crescita, in prospettiva futura quando gli obiettivi iniziali saranno maggiori serviranno dei giocatori che siano subito pronti e che non abbiano bisogno di tanto tempo per crescere, quindi la conferma di chi oggi è in comproprietà o prestito deve tener conto di questo?

“Mi sembra che il calcio a Torino da parte granata in questi due anni abbia fatto dei cambiamenti e che ci sia stato un approccio completamente diverso, quando sono arrivato le frasi fatte che venivano dette erano “dove vai in una società che non ha giocatori di proprietà?”, “sono tutti in prestito”. Oggi il Torino ha dieci giocatori di venti-ventuno anni che sono titolari in serie B, ha il settanta per cento dei giocatori di proprietà. Quindi mi sembra che il cambiamento ci sia stato. Alcuni avrebbero messo la firma per essere dove siamo adesso e altri avrebbero scommesso che si sarebbe fatto fatica a salvarci, oggi non parliamo relativamente al dove siamo, ma di quello che dovremmo fare il prossimo anno: non deve essere così, la crescita avviene giorno dopo giorno, attraverso le vittorie e le sconfitte, se no diventa difficile. Io vi capisco, io non voglio fare le interviste perché non sono apprezzate nel senso che sono sempre interpretate come se fosse una polemica o come se io volessi criticare, lungi da me, però dico quello che penso, sono nel calcio da trent’anni e ho visto tante società. Qualcuno di voi ha detto che Ventura il secondo anno fa male, ma ho fatto male a Bari il secondo anno? Sì, perché il Bari e fallito. Ho fatto male a Pisa? Sì, hanno arrestato il presidente in prigione non più tardi di sette mesi fa. Quindi le chiacchiere se le porta via il vento. Al Torino non c’era neanche un giocatore in Nazionale quando abbiamo iniziato due anni e mezzo fa e oggi ce ne sono nove, il valore dei giocatori è decuplicato in alcuni casi e migliorato nella maggioranza, ma questo non per dire che Ventura è bravo, non stiamo parlando di questo, ma di lavoro, non si può pensare che improvvisamente tutto dall’oggi al domani cambi, si deve andare piano piano. L’anno prossimo non so che cosa faremo, dipenderà dal mercato che verrà fatto, se sarà centrato al cento per cento probabilmente miglioreremo e se non sarà centrato l’esperienza che faremo non sarà positiva e capiremo dove abbiamo sbagliato per crescere ulteriormente. Il presidente è di Alessandria, mio padre era piemontese e mi ha insegnato che quando s’innaffiano dei semi appena piantati non esce mai un platano, ma prima una fogliolina e poi piano piano la pianta cresce”.

 

Che cosa è accaduto al preparatore dei portieri Zinetti?

“Per troppa esultanza si è fatto male e lo abbiamo perso per tre mesi se tutto va bene e mi dispiace molto. Dovrà essere operato (rottura del tendine d’Achille, ndr), questo è sinonimo che stiamo diventando tutti un po’ più vecchi se crolliamo alzandoci dalla sedia, sono segnali inquietanti di vecchiaia, però, al di là della battuta, gli faccio un in bocca al lupo, che altro gli si può dire! Non ci voleva, era forse la prima volta che terminavamo una gara, Basha a parte che è infortunato, con quasi tutti sani e abbiamo perso il preparatore dei portieri”.