Mihajlovic: come intende il calcio e cosa potrebbe fare a Torino

19.05.2016 14:53 di Alex Bembi   vedi letture
Fonte: Fabio Brizio
Mihajlovic: come intende il calcio e cosa potrebbe fare a Torino
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Sinisa Mihajlovic è sicuramente un uomo che negli oltre 25 anni di militanza nel mondo del pallone si è guadagnato la fama di duro in campo e sergente di ferro in panchina. A 47 anni è un tecnico in cerca di consacrazione e riscatto dopo una stagione mediocre, e Torino potrebbe essere la piazza giusta per rilanciarsi. Tralasciando le suggestioni sull'uomo, che almeno in linea teorica potrebbero sposarsi bene con alcune caratteristiche che da sempre contraddistinguono la piazza granata, cerchiamo di capire meglio quale impostazione tattica impartisce alle sue squadre e quali sono le sue metodogie di lavoro. Prima di tutto occorre specificare che non è un accentratore ma piuttosto uno a cui piace delegare molto ai suoi collaboratori, da anni fidati e strettissimi. È molto metodico ed esigente: a Genova il suo staff avvalendosi di un sistema di telecamere installate sia al Ferraris che nel centro sportivo di Bogliasco, monitorava costantemente i movimenti dei giocatori, per analizzare le zone del campo nelle quali si muovevano e dove lo facevano meglio, piuttosto che l'altezza delle palle recuperate. L'aspetto tattico nelle sue squadre è fondamentale, e predomina su tutti gli altri, che non diventano secondari, ma al contrario finiscono per esserne in qualche modo inglobati. I principi tattici sui quali fa leva sono principalmente 2 : per prima cosa il pressing volto al recupero della palla abbinato ad una giocata semplice che possa aprire il gioco sfruttando l'ampiezza del campo. In seconda battuta, in caso di perdita del pallone, la ricerca della riconquista della stessa attraverso raddoppi sistematici e movimenti offensivi e non ripiegamenti difensivi. Le sue squadre, a prescindere dal modulo utilizzato, raramente fanno possesso palla ed hanno predominanza territoriale nella metà campo avversaria: la ricerca della verticalizzazione quanto più velocemente possibile è alla base del suo modo di operare sin dai tempi di Catania. Se gioca a 3 a centrocampo (come spesso accade) le due mezze ali si posizionano molto larghe e distanti dal metodista che è l'uomo di prima costruzione davanti alla difesa: non è sicuramente un compito facile da svolgere per tutti e tre, ma per il suo gioco è fondamentale l'intercambiabilità dei ruoli e soprattutto la dinamicità dei due interni. In caso di difficoltà del mediano, ecco che le due mezze ali dovranno abbassarsi o alzarsi all'abbisogna fornendogli linee di passaggio sicure. Gli attaccanti, due o tre che siano, diventano i primi difensori pressando sul primo possesso avversario per impedire di far gioco, e se si gioca con il trequartista suo sarà il compito di andare a bloccare per primo la costruzione avversaria. La difesa è a quattro, come nei principali top team europei. Ai difensori viene chiesto di non traccheggiare troppo (quindi poco possesso e pochi passaggi nel reparto) ma di verticalizzare rischiando la giocata senza cercare l'appoggio facile al compagno vicino. Per questo motivo dietro ha bisogno di gente piuttosto tecnica e di personalità, che non abbia paura di sbagliare ed esporsi a figuracce. In questo senso la crescita di un elemento come Romagnoli, alla Samp quello che meglio si era calato in questo tipo di mentalità, è esemplificativa. I moduli utilizzati come detto sono sostanzialmente tre : 4-3-1-2, 4-3-3 e 4-2-3-1 (anche se a Firenze aveva giocato spesso con la difesa a cinque) ma le costanti tattiche, soprattutto dalla cintola in giù, non variano troppo a seconda della disposizione in campo. Per il nuovo tecnico del Torino si preannuncia un'avventura stimolante, che speriamo sia altrettanto gratificante per la gente granata.