Carlo Nesti a Radio Vaticana: “Il problema non è Lotito, ma cosa ha detto Lotito”

17.02.2015 11:42 di  Marina Beccuti  Twitter:    vedi letture
Carlo Nesti a Radio Vaticana: “Il problema non è Lotito, ma cosa ha detto Lotito”
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E’ scoppiato il “Lotito-gate”

 

“E’ stato già definito il Lotito-gate, - dice Carlo Nesti, al Direttore della Radio Vaticana Italia Luca Collodi, nella rubrica “Non solo sport” del lunedì, alle 12,35 – per le proporzioni, che rischia di assumere. Ora, al di là del fatto che una telefonata registrata, dialogando con un presunto amico, rappresenta sempre, sul piano umano, un tradimento, le considerazioni da compiere sono 3. La prima, formale, riguarda l’uso di toni imbarazzanti, che lasciano intendere come la disinvoltura dialettica di Calciopoli non abbia insegnato niente. La seconda, sostanziale, riguarda valutazioni, che un consigliere federale, garante di equilibrio e giustizia collettivi, non si può permettere. La terza, dietrologica, è quella che, personalmente, mi inquieta di più. Lotito ufficializza sospetti, che in tanti avevamo. Con la legge Melandri, la ripartizione dei diritti televisivi è tornata paritaria, per cui, se entra un soggetto, come il Carpi, con pochi tifosi = telespettatori, la torta si rimpicciolisce, e tutte le fette della torta si riducono. Fare in modo, sul campo, che i piccoli restino piccoli significherebbe uccidere le regole, e la democrazia del calcio”.

 

 

Provinciali in A e diritti televisivi

 

“Se fosse un film, si intitolerebbe: “Provinciali 2 – La vendetta”. La classifica di Serie A di quest’anno, e i risultati dell’ultima giornata sembrano fatti apposta per condannare il nostro sistema. Ieri, la Juventus e la Roma, prima e seconda, hanno pareggiato contro Cesena e Parma, penultima e ultima. Inoltre, Inter e Milan sono preceduti da Genoa, Sampdoria e Palermo, e tallonati da Sassuolo e Udinese. Galliani, tempo fa, disse: “Il nostro calcio, da ristorante, è diventato pizzeria”. Per forza! In Germania, paese campione del modo, gli introiti delle società derivano solo al 25% dalla televisione, per la quale è fondamentale la presenza di squadre con tanti tifosi, e cioè tanti telespettatori. In Italia, invece, la televisione rappresenta il 50% dei guadagni, e, per di più, con il 70% destinato ai giocatori. Grandi club, come quelli di Milano, dovendo vincere subito, hanno sovente speso quel che restava in campioni demotivati, a scapito del vivaio, e a vantaggio degli stranieri. I club medio-piccoli, invece, hanno avuto la pazienza alternativa di riorganizzare la rete degli osservatori, e programmare”.

 

 

Arbitri nell’occhio del ciclone

 

“La cosa più normalmente patetica, quando è colpa tua, e non vuoi prendertela con te stesso, è chiamare in causa la giustizia ingiusta, o il destino cinico e baro. E allora, sia nel caso Galliani contro Agnelli, sia nel caso Tavecchio-Lotito contro Nicchi, sono stati chiamati in causa il valore degli arbitri, il loro condizionamento, l’opportunità di un sorteggio, al posto delle designazioni, e via di questo passo. E’ un po’ come sparare sulla Croce Rossa, quando si sta male, senza rendersi conto che non sono mai gli errori arbitrali a determinare il ridimensionamento di una squadra. Ora, da un lato, affermazioni come quelle di Lotito, che possono far pensare ad un pilotaggio dei campionati, invitano a battersi per preservare l’autonomia degli arbitri, purché si evitino pressioni su di loro. Ergo: come parere personale, torniamo ad una rosa di 10 arbitri, in forma in quel momento, per ogni domenica, e sorteggiamoli. Dall’altro, ricordando la pagliuzza e la trave del Vangelo, le grandi squadre pensino a imboccare nuove strade, prima di prendersela con i direttori di gara!”.

 

 

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